Commento

Svizzeri felici, un motivo c’è…

Uno dei motivi per cui possiamo dirci felici di essere svizzeri è che non abbiamo bisogno di capi, capetti, primattori e primedonne…

15 dicembre 2018
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Uno dei motivi per cui possiamo dirci felici di essere svizzeri è che non abbiamo bisogno di capi, capetti, primattori e primedonne, carismatici o napoleoncini per essere governati. Uno, a dire il vero, ci aveva provato, spadroneggiando un poco, ma in pochi mesi l’hanno rinviato a casa. Mentre vedevamo formarsi il nostro governo (due consiglieri federali se ne andavano, due nuovi venivano eletti, si rimpastava il tutto) e poi si osservava ciò che capita attorno, in nazioni vicine o anche un poco più in là, sempre alla ricerca, all’esaltazione o all’atterramento di un proprio duce o di un grottesco commediante di se stesso, l’autocompiacimento elvetico spuntava spontaneo. Non per arrivare alla conclusione (sebbene un poco ci crediamo) che siamo i migliori, gli unici, i concreti e pragmatici che diffidano di parolai illusionisti e prestigiatori politici, ma per dire che chi è venuto prima di noi, pur con le dovute correzioni imposte dall’esperienza e dal tempo che passa, ha saputo creare una ingegneria istituzionale e democratica buona ed efficace. Da tenersela stretta.

Ma ci sono almeno due “ma”, imposti da quel che capita, da tener presente.

Ma il governo non può essere solo un riparatore, il lattoniere dell’ultimo momento. Ha anche come funzione essenziale quella di assicurare una gerarchia dei fini: impedire, insomma, che una parte del corpo sociale si appropri del resto della società a suo unico vantaggio e profitto. Ed è in questo senso che negli ultimi tempi la funzione dello Stato ha assunto una singolare estensione. Il benessere presente e futuro della comunità nazionale o persino la sua esistenza futura non sono più solo potenzialmente minacciati, come si vuol far credere, da qualche altro Stato o, com’è fissazione diffusa, dall’Unione europea. E bisogna quindi investire miliardi negli aerei difensivi o perdere anni di negoziati per mantenere comunque la botte piena e la moglie ubriaca. Essi sono più concretamente minacciati dal potere che l’umanità si è arrogata sulla biosfera e i suoi meccanismi regolatori. La preservazione di questi meccanismi e dei beni pubblici ambientali dipende dalla difesa dell’interesse generale, con urgenza prioritaria. Ma con una innegabile grossa difficoltà nell’esercizio del potere governativo: bisogna anticipare o prevenire le degradazioni future e irreversibili e quindi proporre e sostenere eventuali costrizioni, nel presente, per il futuro. Ciò implica che nessuno strato, nessun settore, nessuna attività dentro la società civile possano diventare un fine a se stesso, ma devono solo essere un mezzo al servizio del bene comune. Ora dire, come ha detto un capetto politico con la solita sicumera ideologica, che una governante socialista (Sommaruga), a capo del dipartimento che se ne deve occupare, sarà un pericolo “statalista” e bisognerà stare attenti, è già la dimostrazione di non aver capito niente sia del momento in cui si vive sia della funzione del buon governo.

L’altro ma è che la virtù che attribuiamo, compiacenti, al nostro governo così “democratico” dovrebbe rinfrancarci nel nostro convincimento, come popolo, che la democrazia è salutare e più razionale anche perché non è ossessionata dalla fretta e dal decisionismo, che l’idea che tende a prevalere in alcuni ambienti secondo la quale i problemi globali (specie economici e finanziari) richiederebbero una riduzione della democrazia a modi e strutture più autoritarie ed efficaci è aprire la porta al fascismo. Come sta capitando altrove.

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