Commento

Tra antisemitismo e suprematismo

(Ti Press)
7 dicembre 2018
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In questi ultimi giorni mi ha colpito l’accavallarsi di parecchi scritti intorno ai temi dell’antisemitismo e del suprematismo bianco. Recentemente ho letto la notizia del ritrovamento del film “Città senza ebrei” del 1924, del viennese Hugo Bettauer, che fu fucilato dai nazisti un anno dopo. Restaurato, è stato presentato prima a Vienna e recentemente ad Amburgo. Chi sa se lo tradurranno. La scorsa settimana la Cnn ha presentato i risultati di un’inchiesta in parecchi Paesi europei dai quali risulta che porzioni significative della popolazione di questi Paesi, Germania compresa, sanno poco o nulla di quanto capitato alla vigilia e durante la Seconda guerra mondiale, agli ebrei e ad altre minoranze. Ovvero, la memoria inesistente. Martedì una lunga e ponderata intervista della Neue Zürcher Zeitung a Herbert Winter, presidente della Federazione Svizzera delle Comunità Israelite. Si toccano le situazioni critiche degli ebrei in Paesi come Francia, Germania, Polonia, Gran Bretagna, Paesi che un certo numero di ebrei ha cominciato a lasciare. In politica hanno un ruolo a questo proposito elementi all’estremità sinistra e destra dello spettro, ma non mancano gli stereotipi antisemiti ben noti anche fuori da questi estremi. Anche in Svizzera, sebbene la situazione sia attualmente assai lontana da quella dei Paesi citati sopra. La Nzz, non Winter, cita anche le “teorie selvagge” a proposito dell’influsso di Soros, diffuse dalla Weltwoche, diretta dal Consigliere nazionale Udc Roger Köppel. A rischiarare un po’ il quadro di queste notizie è giunta ieri quella dell’incontro a Lugano di classi liceali con Liliana Segre, una testimone eccezionale anche per noi ticinesi e svizzeri, considerata la sua vicenda personale proprio al confine di Arzo. Ben ha fatto Manuele Bertoli a presentare le scuse per quegli avvenimenti!

Foto di gruppo col saluto nazista/fascista

Sempre a proposito di scuola recupero poi un’altra notizia dagli Stati Uniti, dove sessanta allievi di una High School hanno fatto una foto di gruppo con il saluto nazista/fascista. Potrebbe capitare anche intorno alla Svizzera… La scuola ha invitato poche settimane fa la rabbina Laurie Zimmerman a parlare a studenti e docenti. Ha tenuto un discorso che meriterebbe di essere tradotto integralmente. Nella prima considerazione ha toccato il significato del gesto nazista, che sta per la pretesa di dominio sulle altre culture. Si chiede quindi se l’America vuole diventare più razzista, un Paese in cui non solo gli ebrei sono denigrati, ma anche gli afroamericani, i latinos, i musulmani, i nativi americani, gli asiatici ecc. Ricorda che in questo clima è avvenuta la strage alla Sinagoga di Pittsburgh, tre anni prima quella di afroamericani nella chiesa di Charleston, sei anni prima quella di sikh nel tempio di Oak Creek. Nella seconda parte, dopo aver ricordato l’ottantesimo anniversario della notte dei cristalli, ha ripercorso le mostruosità dell’olocausto. Nella terza, in una fondamentale lezione storica, ha mostrato che l’olocausto non è arrivato come un fulmine a ciel sereno, bensì come il frutto di un secolare antisemitismo, coltivato nelle chiese cristiane e in larghi strati della società civile, sul quale si è inserita la macchina infernale del nazismo, coinvolgendo gran parte della popolazione tedesca anzitutto e trovando successivamente appoggi importanti nei Paesi occupati o alleati dei tedeschi (basta leggere le lettere di Etty Hillesum per quanto riguarda l’Olanda). Infine ha incoraggiato i giovani a impegnarsi per la convivenza sociale, per la giustizia, contro il razzismo. In particolare la terza parte, che riguarda le radici dell’antisemitismo e la nascita e lo sviluppo del fascismo fino a contagiare una buona parte della popolazione, merita di essere sottolineata quattro volte. Qui non si può mancare di richiamarsi a Hannah Arendt e alla sua definizione della “banalità del male”. Non è necessario essere dei mostri per arrivare a commettere delle mostruosità, personalmente e come popolo e per giunta anche in modo legale, ubbidendo alle leggi, dopo averle democraticamente cambiate! E non basta l’esperienza dell’olocausto per evitare il ripetersi di barbarie, come dimostra la guerra nell’ex Jugoslavia, a cinquant’anni di distanza. A Bolzano, il bassorilievo col Duce a ca- vallo, nell’atto del saluto romano, col motto fascista “Credere obbedire combattere” è coperto dalla scritta luminosa (di Arendt) “Nessuno ha il diritto di obbedire”. La Arendt conclude: “Alcune questioni di filosofia morale” sottolineando il pericolo dell’indifferenza sul piano politico e morale, qualificata come “il pericolo maggiore che possiamo correre. E associato a questo, si profila oggi un altro pericolo, grave forse quanto il primo, ossia la tendenza… a non voler giudicare affatto… Lì si nasconde l’orrore e al tempo stesso la banalità del male”.

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