Commento

Processo a Maurer junior, la legge è uguale per tutti

Se non fosse finito a processo un figlio di un ministro ne avremmo riferito?

20 ottobre 2018
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Seguendo la cronaca del processo al figlio del ministro Udc Ueli Maurer – condannato due giorni fa a una pena detentiva sospesa condizionalmente per rapina e tentata estorsione in un procedimento penale inizialmente nato per circolazione in stato di inettitudine e ingiurie contro un ispettore ferroviario – un lettore ci ha chiesto: ma perché ne riferite? Se in aula non fosse finito il figlio di un consigliere federale in carica ma una persona qualsiasi, avreste riferito di un processo analogo? La risposta è: molto probabilmente no. Non ne avremmo riferito.

Non è giusto che, siccome il padre è arci­noto essendo un consigliere federale, il figlio debba ‘pagare’ il prezzo della celebrità dell’antenato, e per questo motivo finire sotto i riflettori e sui giornali/siti. Quindi di principio alla stampa, che si muove secondo determinati principi deontologici, non avrebbe dovuto interessare quel processo.

O meglio, quel processo poteva anche interessare ai mass media, ma allora andava assolutamente tutelata l’identità di Maurer jr. Ciò a meno che l’imputato (figlio di cotanto padre), in qualche frangente, non avesse tentato di cavarsela davanti alla giustizia per il fatto di chiamarsi Maurer e/o il padre fosse magari intervenuto per rendergli la vita meno in salita davanti alla magistratura inquirente o giudicante. È forse successo qualcosa del genere? Risposta ancora una volta negativa.

È successo però che il federale rampollo, in attesa di apparire in aula, ha fatto di tutto per riuscire a ottenere che il processo fosse celebrato a porte chiuse, arrivando a ricorrere persino al Tribunale federale. La massima Corte ha però deciso che non ci fossero gli estremi per impedire l’ingresso della stampa al dibattimento, ponendo comunque alcune limitazioni quali il divieto di fotografare l’imputato, di fornire informazioni sulla sua età, luogo di residenza e professione. Ma, alla fin fine, la notizia della condanna del figlio di un ministro è ben circolata. Anzi, è stata quella la notizia più gettonata della giornata.

Perché dunque il processo ha ricevuto tutta questa pubblicità? Perché Maurer jr., sicuramente mal consigliato dal suo avvocato, ha cercato di ottenere (legalmente!) un’eccezione rispetto ad un principio fondamentale. Che i processi sono pubblici (tranne rare eccezioni), pena la loro nullità. E perché lo sono? Perché si devono esporre alla luce del sole le prove a favore e contro l’imputato, per dimostrare che non si vuole privilegiare nessuno. Prove pro e contro pubbliche e sentenza anch’essa pubblica, per dimostrare che si trattano casi analoghi con gli stessi criteri. Si fossero accettate in questo o in altri casi le porte chiuse, proprio la pubblicità che serve da garanzia sarebbe venuta meno. Ecco perché è stato un bene, per la credibilità della giustizia, che non sia stata concessa l’eccezione delle porte chiuse.

Alla fine però, paradossalmente, la mossa dell’imputato, ha finito per attirare su di lui ancor più attenzioni e il suo processo giovedì ha finito per esser seguito da tutti, agenzie di stampa comprese. Ma la notizia a ben vedere dove sta? Il figlio del consigliere federale è stato trattato come chiunque abbia commesso un reato analogo. Quindi aveva ragione quel lettore! Che un ministro abbia un figlio che inciampa e viene trattato come tutti… non è notizia! Ma accertare che la legge e la giustizia siano uguali per tutti, visto come si è mosso Maurer jr., fa bene a chi l’amministra e alle istituzioni.

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