Commento

Pedofilia, la maturità di una legge

Grazie alla consapevolezza che la pedofilia è un reato molto difficile da identificare e che i rischi di recidiva sono alti

11 ottobre 2018
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‘I pedofili non potranno più lavorare coi bambini’. Così titolavano ieri diversi siti, annunciando l’entrata in vigore di una modifica del Codice penale, che dà seguito a quanto previsto dall’iniziativa popolare ‘Affinché i pedofili non lavorino più con fanciulli’, approvata in votazione nel 2014. In concreto, dal 2019, quando un giudice condannerà un adulto per reati sessuali su minori o altre persone degne di protezione, a prescindere dall’entità della pena, sarà obbligato ad ordinare l’interdizione a vita anche da attività professionali con bambini. A sorprendere è il titolo che abbastanza coralmente è stato coniato all’entrata in vigore della novella legislativa. Se si è giunti a tanto, persino a codificare un divieto che si credeva scontato, è perché quello che oggi a tutti pare ovvio, fino a non molto tempo fa non lo era affatto. Segno (positivo) che di fronte ad un reato sessuale grave (quanto spesso difficile da identificare, che vede il carnefice approfittare di un rapporto di fiducia e di sudditanza con la vittima, nella nostra società) è avvenuta una profonda maturazione. Maturazione che questi ultimi anni si è registrata su diversi fronti. Si pensi ad esempio a quanto successo in seno alla chiesa cattolica. Una vera e propria rivoluzione, che ha portato le gerarchie a cambiare radicalmente approccio nell’identificazione dei reati, optando per la delega allo Stato del compito di rendere giustizia, smettendola finalmente con coperture e spostamenti ad altre diocesi. La nuova sensibilità è stata imposta anche alle società sportive e non, che hanno a che fare coi giovani, invitandole ad adottare specifiche norme di comportamento interne e di verifica dei loro membri impegnati coi giovani. Ultimamente poi, sempre con riferimento ai comportamenti sessuali ma non pedofili, stiamo assistendo all’affermazione del movimento #metoo che rompe la calotta di omertà sulle violenze/prevaricazioni subite da tante donne. Questo per dire che a volte vengono portate avanti rivendicazioni che, una volta impostesi, ci portano ad interrogarci stupiti: ma perché, prima com’era? I pedofili, anche se condannati, potevano ancora lavorare coi bambini? I preti, colti con le mani sotto la cintura, potevano ancora dire messa in altre diocesi? I produttori/registi holliwoodiani, ecc… Se si è arrivati a tanto, cioè a regole molto più stringenti, è indubbiamente perché si è rafforzata la consapevolezza che la pedofilia è un reato molto difficile da identificare e che i rischi di recidiva sono alti. La bilancia della giustizia si è quindi spostata – giustamente – a favore della protezione delle potenziali vittime. Un plauso a chi negli anni ha avuto il coraggio di denunciare e a chi ha lavorato per sensibilizzare l’opinione pubblica.

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