Commento

La miniera delle palazzine: quando lo Stato paga l’affitto!

Il privato fa pochissimi investimenti e incassa affitti sicuri. All'ente pubblico degrado e tanti problemi da risolvere!

3 ottobre 2018
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Negli scorsi giorni, esprimendoci sulla scandalosa / vergognosa vicenda di Pregassona, e della famiglia coi figli minorenni che viveva in un appartamento-discarica insieme a 18 cagnolini, abbiamo accennato ad un fenomeno che abbiamo già avuto modo di riscontrare (tanto per citare un caso eclatante) a Chiasso. Tutti ricordano via Odescalchi. Ovvero la storia (brutta) di proprietari di palazzine che fanno il minimo indispensabile di lavori di risanamento di un appartamento, per poi affittarlo a persone al beneficio dell’assistenza (con la certezza che lo Stato paga la locazione!), senza poi curarsi (o non più di tanto) di quanto gli inquilini potrebbero richiedere successivamente come lavori di manutenzione.

Risultato: gli appartamenti vengono lasciati lentamente degradare, visto che, comunque sia, ci saranno sempre i casi sociali (la persona sotto curatela, il tossicodipendente, l’alcolizzato, semplicemente anche la persona al beneficio di un attestato di carenza beni ecc.) pronti ad occuparli perché in stato di bisogno.

Siccome ancora una volta abbiamo notato che fra i proprietari degli immobili tornano con una certa frequenza gli stessi nomi (ad esempio la palazzina di Pregassona dell’appartamento-discarica e l’immobile di via Odescalchi sono appartenuti al medesimo proprietario), ci sembra interessante chiedere come mai certe tipologie di persone (in assistenza eccetera) finiscano sempre per occupare simili appartamenti? E finiscano anche per pagare affitti agli stessi proprietari, che – eufemismo – non brillano quanto ad impegno per mantenere gli immobili perlomeno in condizioni tali che possano mantenere un certo valore di mercato. Operazione che invece farebbe chiunque fosse proprietario di un immobile, visto che non eseguendo taluni lavori di rinnovamento, alla fin fine lo stabile rischia di svalutarsi e di uscire dal mercato. Con l’attuale offerta di spazi poi…

La risposta potrebbe essere questa: faccio il meno possibile di lavori perché mi interessa affittare gli appartamenti soprattutto a casi sociali (che spesso non sanno neppure se, come e dove protestare), avendo comunque la garanzia che gran parte degli inquilini paga, perché dietro ci sta il portafoglio dell’ente pubblico.

Ecco allora una nuova domanda: come si fa ad essere sicuri che in quel tal palazzo entreranno casi sociali e che otterranno l’assistenza? Sarebbe bello saperlo, così anche altri proprietari immobiliari potrebbero mettersi a disposizione (in lista?) ed ottenere anche loro simili benefici. Il fatto è che una simile lista pare non ci sia, anche se (ci par di capire) vi sono proprietari che vengono più facilmente baciati dalla fortuna. Che nella fattispecie non è cieca.

Intanto, sul territorio troviamo più di un palazzone divenuto simile (o poco ci manca) alla palazzina del Bronx. E solo quando accadono fatti inenarrabili e si teme per la troppa attenzione da parte dell’autorità locale, che non è più disposta a tollerare, ecco che si comincia a risanare. Ripetiamo: quartiere Odescalchi docet. Ah, dimenticavamo, è possibile che si verifichi anche una variante: com’è successo a Chiasso e a Pregassona (medesimo proprietario) – quando ormai la pressione dell’opinione pubblica e della politica locale diviene insopportabile – si vende l’immobile a terzi. Ma ormai la frittata è fatta e si è creato un ambiente di vita poco invitante se non addirittura malsano, generando anche per la comunità locale costi non indifferenti. Intanto però chi aveva affari da fare li ha fatti.

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