Commento

Caro Maudet, nessuno è indispensabile!

Tanto più se si vien costretti dai fatti ad ammettere d'esser stato bugiardo. E ci si scusa solo dopo con le spalle al muro!

8 settembre 2018
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Da Maudet a (quasi) ‘maudit’ (maledetto). Questa la storia della caduta agli inferi, per ora ancora con sosta in purgatorio, dell’astro nascente della politica ginevrina Pierre Maudet, ex candidato al Consiglio federale. Ovvero, la storia della sua caduta dalle stelle (del firmamento romando e federale) alle stalle (dello scandalo politico). Per di più mostrando, nella caduta, di non essere in grado di valutare la gravità della situazione, aggrappandosi invece alla vellutata poltrona. Come se qualcuno si trovasse a cadere da un aereo senza paracadute, convincendosi di poter toccare terra senza schiantarsi.
Possiamo riassumere così la vicenda che sta scorticando vivo il presidente del governo ginevrino, al quale si rimprovera (come minimo) di aver mentito, sapendo di mentire. Cioè di aver detto la verità quando ormai i fatti contestati erano già divenuti di pubblico dominio.

Epicentro dello scandalo il viaggio per assistere ad un Gran premio di Formula 1 da lui compiuto nel 2015 con la famiglia, il suo capo di gabinetto (nel frattempo dimessosi) e alcune persone e rappresentanti di società attive nell’immobiliare ginevrino, ad Abu Dhabi, su invito del principe ereditario degli Emirati. Costo del viaggio e del soggiorno offerti, alcune decine di migliaia di franchi.

Discussione a parte sull’interrogativo se Pierre Maudet avrebbe dovuto informare preventivamente gli altri ministri dell’invito; o sulla questione penale, se ci sia stata o meno accettazione di doni (la Procura ha chiesto la revoca dell’immunità), è già accertato che Maudet non ha detto subito la verità. Anzi, l’ha detta solo dopo settimane e settimane di graticola – tanto che i colleghi gli hanno dimezzato le competenze pur lasciandolo presidente senza il potere di rappresentare il governo verso l’esterno! –, chiedendo scusa ai ginevrini, riconoscendo le bugie e ammettendo che i fatti sono rilevanti. Allo stesso tempo ha però precisato di aver la capacità di governare e che intende prima esprimersi di fronte alla giustizia. In altre parole: lui non molla. Epilogo al quale farebbe invece bene a pensare sul serio.

Chiediamocelo, infatti: è veramente una vicenda da chiarire solo dinnanzi ai magistrati? Anche se fosse scagionato dall’ipotesi di accettazione di doni, Maudet sarà esposto per settimane se non mesi a fughe di notizie e indiscrezioni sul dossier penale. È evidente che in una simile situazione la sua facoltà di governare sarà messa a dura prova.

Ma operatività e serenità a parte, il problema centrale è un altro. Maudet come detto ha mentito e chiesto scusa solo quando aveva le spalle al muro. Avesse ammesso subito i fatti, si troverebbe in ben altra situazione. Ma ha mentito, forse persino cercando di sviare e mettere a tacere le diverse voci, e in proposito i media continuano a servire fette e fettine di verità sgradevoli.

La questione è quindi di carattere etico ancor prima che penale: sul fronte dell’esercizio del potere (saper valutare come mi devo comportare nella funzione di governo) e sul fronte del rapporto potere-cittadini elettori (che rapporto devo avere nei confronti di chi me lo ha conferito?). Due aspetti delicati, sui quali non si può passar l’acqua bassa, neppure sul Lemano.

La sua assenza di percezione – o la sua finta assenza di percezione – nella speranza che basti difendersi in Procura per voltar pagina, la dice lunga sulla sua idea della politica. Tanti ne lodano le straordinarie capacità. Ma in politica nessuno è indispensabile. Tanto più se bugiardo.

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