Commento

Una scuola contro il buio

Per non adeguarsi all'onda, al pendolo che oscilla verso il populismo, il sovranismo, la popolocrazia

4 settembre 2018
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Domenica un caro amico mi ha inviato una bella riflessione sul tempo che scorre e sfugge, riflettendo sulle tante (e allo stesso tempo poche) cose da lui fatte d’estate. Nel bilancio anche un riferimento all’Italia, ‘il Paese più bello del mondo’ – scrive – che però lo preoccupa e delude. Per fortuna – annota – esistono ancora personaggi come Bruno Segre – che ha appena compiuto cent’anni – che ha fatto tante battaglie contro le ingiustizie (divorzio, gay, migranti), dopo aver trascorso anni nelle carceri di Mussolini ed esser salito sulle montagne… Segre che parla e ammonisce: Salvini? Attenzione, è un déjà vu della storia. Lo dice lui che c’era e che stava dalla parte giusta, quella dei coraggiosi e dei democratici. Sempre quell’amico mi ricorda che Segre già da bambino girava con la foto di Matteotti nascosta in tasca. ‘Ma a cosa è servito?’.

Provo a rispondergli che è servito a ridare la libertà alle generazioni dei nostri padri e ad affidarcela in eredità. Ma, gli rispondo pure, che ora sta a noi coltivare la memoria, affinché talune derive su suolo europeo vengano arginate da antidoti presenti nella nostra cultura politica e dentro la memoria indelebile delle istituzioni e della coscienza trasmessa ai posteri dei posteri. Perché nessuna conquista è scontata. È dunque necessario aprire gli occhi, informarsi, studiare, denunciare, dibattere e tenere sempre alta la guardia sui principi di fondo sui quali si regge la democrazia.

Dalle nostre colonne ce lo ha detto ieri anche lo storico e intellettuale Andrea Ghiringhelli che, come suo solito, non ha fatto sconti a nessuno ed è andato diritto al nocciolo della questione. Ha messo il dito nella piaga dei segni premonitori che in Italia, ma (purtroppo) anche nel nostro piccolo Ticino, stanno corrodendo dall’interno la democrazia liberale, minando principi sacrosanti che troviamo iscritti, dopo non poche lotte, nella Costituzione federale. Uno per tutti e sopra tutti: il rispetto della dignità della persona. Principi che sino ad ora ci hanno permesso d’evolvere e che, se messi in discussione, il passo verso il buio è breve.

Se un intellettuale liberale, qual è Ghiringhelli, sente il dovere morale di denunciare i populismi (che sono in realtà nuovi autoritarismi) è perché si son già manifestati alcuni segnali. Citiamo gli ultimi in ordine di tempo: il recente incontro milanese fra Salvini e Orban; o da noi, la promozione dell’agente di polizia condannato per discriminazione razziale. Su quest’ultimo caso – lo abbiamo più volte denunciato – qui da noi è prevalso il silenzio. Silenzio da parte dei partiti (tranne due piccole eccezioni); silenzio da parte di chi in governo, sul fronte degli altri dipartimenti, ha comunque benedetto quella promozione. L’intervento di Ghiringhelli è lì a ricordarci che sono tante le persone che hanno responsabilità e dovrebbero accorgersi di certe derive, ma che invece – per convenienza, quieto vivere o indifferenza – tacciono; o, peggio ancora, anziché combattere, si adeguano, assecondano il vecchio vestito di nuovo che avanza sbraitando, cercando di imitarlo negli stili, nel linguaggio e persino nelle scelte strategiche di governo. Ci si adegua all’onda, al pendolo che oscilla verso populismo, sovranismo, popolocrazia e tanti altri termini apparentemente moderni in realtà vecchi come il mondo. Degli anni Trenta.

Per evitare che il timore finale di Ghiringhelli diventi realtà (‘E forse il peggio non è ancora giunto’) è bene parlarne. Parlarne nei media, ma anche a scuola, visto che siamo all’inizio di un nuovo anno, che accanto alla storia ha ora anche la civica. Quali sono i principi fondamentali sui quali si fonda una democrazia sana? La Scuola con la ‘S’ maiuscola è pronta a farlo?

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