Commento

Politica e Giustizia, lasciamoci stupire

'La politica risponda presente quando viene interpellata per valutare'. Ma ad ascoltare in commissione il nuovo pg c'erano solo otto deputati

11 luglio 2018
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“La speranza del Ministero pubblico è che la politica risponda presente quando viene interpellata per valutare”, ha ribadito il nuovo procuratore generale del Canton Ticino in una recente intervista alla ‘Regione’. Una speranza legittima, condivisibile. Peccato che un paio di settimane fa, pochi giorni dopo quella dichiarazione, ad ascoltare Andrea Pagani ci fossero solo, da nostre informazioni, otto deputati al Gran Consiglio. Otto deputati su diciassette, tanti ne conta la Commissione della legislazione che aveva convocato il pg per sentire la sua opinione sulla proposta del governo di introdurre la custodia di polizia e le indagini preventive delle forze dell’ordine. Non proprio quisquilie. Ora, non tutti gli assenti avevano prenotato le vacanze quando ancora non figurava nell’agenda della commissione parlamentare l’audizione di Pagani su prospettate modifiche legislative importanti (e dibattute). Ma forse la scarsissima presenza di granconsiglieri all’incontro, peraltro da loro sollecitato, con il neo-timoniere del Ministero pubblico è la cartina al tornasole di un periodo caratterizzato – sul fronte della politica – da decisioni discutibili e da non decisioni riguardanti l’organizzazione giudiziaria.

Fra le decisioni che continuiamo a ritenere discutibili per il (corretto) funzionamento della magistratura, la riduzione – per motivi di mero risparmio – da quattro a tre del numero dei gpc, i giudici dei provvedimenti coercitivi. “A taglio avvenuto, alla prova dei fatti, l’Ufficio risulta insufficientemente dotato”: un Ufficio, quello dei gpc, confrontato “con un aumento del carico lavorativo”, evidenzia il rapporto 2017 del Consiglio della magistratura e delle autorità giudiziarie. Parole che dovrebbero preoccupare tutti, visto che il gpc è un giudice di garanzia, tenuto fra l’altro a convalidare o meno gli arresti e ad autorizzare o no i controlli telefonici. Un’altra decisione politica discutibile è il consistente assottigliamento, senza una preliminare e seria analisi, del team di giudici supplenti, avvocati che quando necessario coadiuvano i giudici ordinari del Tribunale d’appello nella trattazione delle cause per limitare gli arretrati. Alcune Camere della massima autorità giudiziaria cantonale, come la Camera di protezione, cui compete il settore delle tutele, sono state di conseguenza private di preziosi aiuti. E tra le non decisioni? Di sicuro le decisioni che ci si aspettava in relazione a ‘Giustizia 2018’, il progetto di riforma voluto dal Dipartimento istituzioni per migliorare l’efficienza dell’apparato giudiziario ticinese. Obiettivo lodevole, fino ad oggi però si è sentito parlare e si è scritto soprattutto di gruppi di lavoro. Di concreto – e siamo già oltre metà 2018 – poco o nulla è uscito dal Consiglio di Stato e dal Gran Consiglio. Eppure l’elezione quest’anno del subentrante di John Noseda alla guida del Ministero pubblico avrebbe dovuto essere l’occasione per concludere almeno un capitolo dell’annunciata riforma: la ristrutturazione della Procura. Lo scorso mese il nuovo pg ha rivisto, nel limite delle sue attuali competenze, l’assetto dell’ufficio: spostamenti interni e attribuzioni di responsabilità potrebbero tuttavia rivelarsi, in assenza di una visione a medio/lungo termine che soltanto ‘Giustizia 2018’ può dare, unicamente dei cerotti sul piano organizzativo.

Torniamo all’auspicio di Pagani: la politica “risponda presente quando viene interpellata per valutare”. Vediamo allora cosa – e quando – la politica risponderà alla richiesta del Ministero pubblico di un procuratore straordinario per le indagini sui reati finanziari e di tre segretari giudiziari in più. Ancora una volta, lasciamoci stupire.

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