Commento

Il cuore di Banksy

Mentre gli sbarchi dalla Libia continuano a creare tensioni in Europa, Banksy, il celebre e misterioso artista di strada, ha fatto di nuovo centro, costringendoci a riflettere

27 giugno 2018
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Mentre gli sbarchi dalla Libia continuano a creare tensioni in un’Europa – a sua volta sempre più frammentata e in balia di leader in parte inconcludenti e in parte con idee troppo chiare che fomentano una dialettica politica sempre più muscolosa e incendiaria –, Banksy, il celebre e misterioso artista di strada, ha fatto di nuovo centro, costringendoci a riflettere. Dai muri di Parigi le sue opere murali (ne sono apparse sette nuove) ci interpellano: dolcemente e ferocemente.

C’è il murale della bimba con una bomboletta spray in mano che, mentre ricopre con dei fiori una svastica disegnata su un muro, si volta e guarda i passanti e li interpella. Quasi dicesse: ‘Monsieur, ti piacciono i miei fiori? E sei pure tu d’accordo – vero? – che quella svastica vada cancellata?’.

Così, mentre uno pensa al peso storico della croce uncinata, magari sfoglia anche il primo giornale che gli capita fra le mani e legge titoli del tipo ‘Salvini: non rispondere agli Sos’; o legge che Germania, Olanda, Italia, Malta e Francia hanno rifiutato per giorni l’attracco alla Lifeline, la nave della Ong tedesca con 234 migranti a bordo; o ancora legge di scontri verbali accesi fra Roma (Salvini) e Parigi (Macron) sui migranti. Non bastasse trova persino un servizio su ‘laRepubblica’ intitolato ‘Hitler e Mussolini sugli scaffali, il supermarket del vino nazista’.

Un articolo di ‘costume’ (o malcostume o anche peggio) dedicato ad un negozio al Lido di Jesolo in cui si vendono bottiglie di vino con i due compagni di merende nazi-fascisti sull’etichetta. Offerta che va a gonfie vele. Intervistato il titolare dice angelicamente che ‘gli italiani comprano e per me è un affare, solo i tedeschi si lamentano’. Si vede che sono meno smemorati…

Ma veniamo al secondo murale apparso nella Ville Lumière sempre attribuito a Banksy. Un signore con un completo scuro, camicia bianca e cravatta, si piega verso un cane offrendogli con la mano sinistra un osso, mentre la destra, nascosta dietro la schiena, tiene stretta una sega. Quell’osso non è altro che un pezzo della zampa anteriore dell’animale, amputata dall’uomo medesimo.

Evidente anche qui il riferimento agli aiuti (per quale sviluppo?) concessi ai Paesi poveri, dopo averli dominati e sfruttati per secoli. Usi e costumi che, una volta ottenute le varie indipendenze, hanno saputo adattarsi ai nuovi corsi spesso purtroppo col supporto di élite locali corrotte.

Chi qui sbarca, rimarrebbe nel proprio Paese se avesse di che vivere. Ma siccome non ce l’ha, tenta la fortuna. Chi di noi non lo farebbe? Certo al tavolo politico la ragione che trova accordi e compromessi non può mancare. Ma nemmeno il cuore. È quello che ci ricorda il misterioso artista.

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