Commento

‘Cosa pensano i popolari democratici?’

Ppd pronto a mettersi in discussione al 300 per cento o mossa di marketing politico-elettorale?

26 giugno 2018
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Per decenni siamo stati abituati a partiti e capitani di vascello pronti a calar dall’alto lezioni e soluzioni ai vari problemi del Paese. Perché chi si proponeva per poi venir eletto, si presumeva ne sapesse più del singolo e tirava diritto per tutto il quadriennio. Poi sono arrivati i movimenti che, a differenza dei partiti, sono saldamenti retti da un conducator. È lui che detta la linea politica, con estrema sicurezza e con slogan che fanno presa.

Ora – nuova era – siamo confrontati con partiti (in crisi costante) che prima di determinare la rotta chiedono alla base cosa ne pensi con tanto di formulario inviato a casa.

Ad aver imboccato la via del sondaggio ‘Cosa pensano i popolari democratici?’ è il Ppd di Fiorenzo Dadò. Quattro pagine fitte fitte di domande, anche audaci, che spaziano dai temi più cari al partito (la famiglia) agli sconfinamenti in casa altrui, per valutare le preferenze pipidine extra muros. Vedasi la domandona: quale partito in Ticino si occupa con maggior determinazione e propone soluzioni migliori per i seguenti temi? E via con una lunga lista.

Ci sono poi anche domande che non ci girano attorno e puntano diritto anche alle prossime cantonali e federali. Esempio: ‘Sulla lista Ppd per il governo – si chiede – vorrei vedere il seguente nome:…’. O ancora: come hanno lavorato ‘i nostri’?

Ma cosa sta succedendo? Il partito storico non al massimo della forma è pronto a mettersi in discussione al 300 per cento, coinvolgendo al massimo la base? Mezza rivoluzione all’orizzonte, sotto un presidente che non disdegnerebbe le primarie?

O operazione di marketing politico, senza una base scientifica demoscopica, in chiave elettorale?

Per la risposta basta attendere! Anche se vorremmo tanto saper come avverrà la selezione degli interpellati. Perché uno sì e l’altro no. Cosa ne pensano i popolari democratici?

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