Commento

È ricomparsa la Politica

La divaricazione fra lo stato di salute delle finanze cantonali 2017 e la percezione della propria condizione è tale che non necessita tanti discorsi

20 giugno 2018
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La divaricazione fra lo stato di salute delle finanze cantonali 2017 (80 milioni di attivo, ma oltre cento in più di quanto preventivato) e la percezione della propria condizione (spesso trasformata in realtà) di una sempre più ampia fascia di popolazione è tale che non necessita tanti discorsi. Anche perché il cosiddetto “effetto ridistributivo” tramite le imposte tramutate poi in prestazioni pubbliche e sociali, denuncia parecchie falle (vedi l’aumento dei casi di assistenza sociale e lo scarso potere d’acquisto di una famiglia ticinese media). La questione – data per buona la prima – è casomai un’altra, ed è emersa con forza durante il dibattito di ieri in Gran Consiglio sul consuntivo 2017 del Canton Ticino.

Tolto il fumo demagogico che vede nei lavoratori frontalieri la causa di tutti i mali (quando magari il problema è chi li assume a precarie condizioni salariali), resta ancora una volta – anzi torna prepotentemente – la visione dello Stato. Diciamola meglio. Tornati coi piedi per terra, almeno una volta, i partiti politici ticinesi (Lega compresa) hanno ripresentato ieri il loro Dna, la loro matrice di sempre, il loro credo ideale e persino ideologico. Alla faccia di chi predica la fine della politica conosciuta nel Novecento, nonostante ci sia chi – anche alle nostre latitudini – si ostina a sostenere persino la fine della destra e della sinistra.

In realtà ieri in parlamento si è riproposto tutto l’arcobaleno istituzionale con posizioni che sfioravano da una parte il neoliberismo (vedi La Destra) e dall’altra persino il marxismo rivoluzionario (stando all’autodefinizione di Pronzini dell’Mps). In mezzo tutte le sfumature che vanno dal centro borghese a quello conservatore-sociale, sino al pragmatismo e idealismo socialista.

E allora si è compreso che la questione non è tanto su come aumentare o meno l’impegno pubblico, quanto piuttosto se sia questa la strada giusta o se invece non convenga lasciare alla società, e quindi al mercato, il compito di autoregolarsi. Prova ne sia che sempre ieri c’è chi ha chiesto una strategia per riformare l’amministrazione cantonale (ottimizzando le risorse) e chi non approva per nulla tagli e risparmi a discapito dell’apparato amministrativo o delle fasce più deboli. In mezzo, la necessità di garantire comunque finanze sane, ma senza esagerare con le forbici. Poi magari aumentando anche gli investimenti che fra l’altro in questi periodi viaggiano a tassi decisamente bassi.

Ora magari qualcuno dirà, dove sta la novità? Eh beh, sta nel fatto che quasi per tutta questa legislatura la priorità unica – di quasi tutti i gruppi parlamentari, se non proprio tutti – è stata come contenere gli “altri” e privilegiare i “nostri” pur sapendo che non era questo il tema e manco la risposta. Perché mal posto e perché non risolvibile dentro i confini cantonali.

Ben venga dunque il “ritorno” alla politica “vera”. Quella che non si nasconde dietro il fumo generato dai facili slogan. Quella che sa, comunque la si pensi, che la crescita economica e il benessere dei cittadini passano ad esempio dal buon livello di istruzione e dalle opportunità che si presentano grazie a un’economia rinnovata e al passo coi tempi (tecnologici). Ma anche, ricordiamolo, svolgendo ognuno il proprio ruolo (una volta si sarebbe detto “dovere”) nel rispetto delle istituzioni, delle regole, del confronto democratico e nel riconoscimento reciproco. Non sarebbe così difficile, a ben vedere. Dopodiché qualcuno ci dovrebbe spiegare come mai si sia perso nel frattempo così tanto tempo, ma forse è chiedere troppo.

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