Commento

Il problema è politico

Certo, è «positivo» che nessuno si sia arricchito personalmente nello scandalo AutoPostale

12 giugno 2018
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Certo, è «positivo» che nessuno si sia arricchito personalmente nello scandalo AutoPostale; che la contabilità ‘creativa’ in voga almeno dal 2007 presso la società della Posta non abbia inciso sul versamento di bonus ai suoi dirigenti; che ogni singolo centesimo di sovvenzioni indebitamente percepite verrà restituito ancora quest’anno a Confederazione e Cantoni. Doris Leuthard ha ragione anche quando afferma che in Svizzera abbiamo – nonostante questo «imperdonabile» precedente – un buon servizio pubblico. E probabilmente non sbaglia del tutto quando fa notare che la Posta, sotto la direzione dell’ormai ex direttrice Susanne Ruoff, è diventata «la migliore del mondo». Ragione per cui «buttare tutto all’aria» a causa di questo caso «sarebbe sbagliato».

Il Consiglio d’amministrazione (Cda) della Posta e il Consiglio federale non hanno buttato tutto all’aria, in effetti. Preso atto delle impietose conclusioni dell’inchiesta esterna, hanno però adottato provvedimenti tutt’altro che cosmetici. Il primo ha esonerato l’intera direzione di AutoPostale (non solo Susanne Ruoff), abbandonato l’ambiziosa quanto opaca riorganizzazione denominata ‘Impresa’, e in pratica emesso una sentenza di morte a termine nei confronti di CarPostal, la controversa filiale di AutoPostale in Francia; il secondo accorderà soltanto uno scarico parziale al Cda dell’ex regia per l’esercizio 2017, sottoporrà a verifica esterna le modalità di controllo delle imprese parastatali e si aspetta ormai che il tetto massimo dei salari dei quadri direttivi della Posta venga abbassato.

Per quanto incisive possano rivelarsi, queste misure – così come le altre annunciate ieri – non basteranno per concretizzare «il nuovo inizio» promesso dal presidente del Cda Urs Schwaller e dalla ministra dei Trasporti Doris Leuthard. Nuove persone ai vertici di AutoPostale, salari dei top manager un po’ meno elevati, riorganizzazione delle strutture, pur perfezionati meccanismi di controllo interni e di sorveglianza esterna: non saranno sufficienti per (ri)fondare la ‘cultura d’impresa’ di AutoPostale, per ricostituire la fiducia della popolazione nella Posta, incrinata anche (ma non solo) a seguito dei trucchi contabili presso una delle sue società.

Doris Leuthard ha affermato che lo scandalo non è frutto di «un errore di sistema»; e ha assolto il Consiglio federale in relazione all’‘affaire’. Focalizzandosi sui comportamenti personali e il malfunzionamento aziendale, sulle responsabilità politiche la fa però un po’ troppo corta. L’annoso problema di fondo, infatti, è eminentemente politico: risiede nel conflitto tra il mandato di servizio pubblico della Posta e di AutoPostale (e il relativo divieto per quest’ultima di realizzare utili nel settore sovvenzionato del traffico regionale) e gli ambiziosi obiettivi di rendimento che il Consiglio federale fissa loro. Non è soltanto il ‘caso’ emerso negli scorsi mesi grazie alle verifiche effettuate dall’Ufficio federale dei trasporti ad aver reso palese tale conflitto: anche la ristrutturazione della rete di uffici postali ne è un esempio; senza parlare, restando in casa AutoPostale, della perlomeno spregiudicata operazione CarPostal France, che Doris Leuthard in qualità di responsabile del Dipartimento dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (Datec) ha difeso a spada tratta sin dall’inizio.

Una prossima revisione di legge dovrebbe servire a chiarire se e quanti profitti si potranno fare in futuro nel traffico regionale. E in Parlamento non dovrebbe tardare a porsi un altro interrogativo fondamentale: è forse giunto il momento di scorporare AutoPostale dalla Posta, facendone una società autonoma?

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