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Se paghi, vendo ma comando io

Un uomo solo al comando. La celebre frase con la quale il radiocronista Mario Ferretti celebrava nel 1949 l’impresa di Fausto Coppi al Giro nell’epica tappa tra Cuneo e Pinerolo, calza a pennello anche ad Angelo Renzetti

8 giugno 2018
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Un uomo solo al comando. La celebre frase con la quale il radiocronista Mario Ferretti celebrava nel 1949 l’impresa di Fausto Coppi al Giro nell’epica tappa tra Cuneo e Pinerolo, calza a pennello anche ad Angelo Renzetti. Solo, sì, e non ne ha mai fatto mistero. Al contrario, ha più volte chiesto aiuto, finora invano, lamentando una situazione che a medio e lungo termine diventa insostenibile per un dirigente al quale va ascritto un piccolo miracolo, a livello imprenditoriale.

Solo, si diceva. Non tanto nella gestione ordinaria dell’Fc Lugano – ha uno stuolo di validi collaboratori – bensì in quella economica, alla ricerca com’è (da sempre) di soci che ne sostengano gli ingenti sforzi finanziari richiesti dal suo ruolo di finanziatore pressoché unico, oltre che di presidente.

In tale contesto si inseriscono le trattative che Renzetti conduce con gruppi e cordate, siano esse turche o inglesi. Investitori interessati ad acquisire quote del pacchetto azionario in mano all’imprenditore ticinese, o addirittura a impossessarsi del cento per cento del malloppo.

La sua guardia è alta, la sua circospezione condivisibile e legittima, alla luce di qualche vicenda non propriamente nobile che ha sconquassato il calcio elvetico, si pensi solo a Chagaev a Neuchâtel e a Giulini a Bellinzona, per non fare che i due esempi più eclatanti.

Il profumo dei soldi è allettante, ma non basta a un dirigente scafato, che ne ha già viste e sentite di tutti i colori, che non ha nessuna intenzione di cedere senza determinate garanzie. In primis di ordine finanziario, ci mancherebbe, ma non solo. E qui la vicenda si complica non poco.

Posto che le trattative – almeno due, con un gruppo turco e una società inglese – sono in stato avanzato e gli interlocutori sono seri (diamo fiducia alla capacità di valutazione del presidente, tanti approcci li ha già respinti), Renzetti subordina la cessione del pacchetto azionario al bonifico bancario (condicio sine qua non, «finché non vedo i soldi le azioni restano nella mia tasca e il Lugano me lo tengo») ma anche alla sottoscrizione di alcune regole da parte degli interessati, potenziali finanziatori e proprietari di un’azienda di cui Renzetti desidera mantenere il controllo.

Ora, per quanto sia bella e condivisibile l’idea di impedire che il Lugano e i suoi attuali valori siano stravolti da chi ne assumerà il controllo in futuro, mal si vede come, una volta venduto il prodotto, l’attuale pilota possa tenere le mani sul volante e decidere a quale velocità procedere. E magari con quale team farlo. Un conto è cedere parte delle quote e rivendicare ancora un ruolo attivo in sede di gestione, incidendo in maniera attiva sull’identità del club; ben altro discorso è vendere e continuare a comandare, investendo i soldi che – a transazione avvenuta – non sarebbero più mezzi propri, bensì i soldi del nuovo padrone. Davvero il gruppo interessato è pronto a ottemperare alle richieste di Renzetti. In quel caso, sono i benvenuti. E se poi ci ritrovassimo costretti in tempi brevi a urlare ‘mamma li turchi’, con la faccina da urlo in stile Munch? Il rischio c’è.

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