Commento

Parco e migranti, i milioni di Berna

Nel Locarnese due progetti necessari e sostenibili al voto il 10 giugno

7 giugno 2018
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La creazione del Parco nazionale del Locarnese e il ritorno dei migranti all’ex caserma di Losone – entrambi temi in votazione il prossimo 10 giugno – hanno una cosa in comune: la pioggia di milioni che cadrà da Berna su entrambi i progetti. Ma l’aspetto economico non è tutto: bisogna chiedersi se le due proposte siano necessarie e se le loro conseguenze siano sostenibili.

Una delle paure dei contrari al Parco è la perdita di sovranità su ampie fette di territorio. In verità nessuno porterà via niente a nessuno. Il denaro della Confederazione verrà speso per appoggiare e promuovere progetti pubblici e privati, concepiti da chi in quelle zone vive e lavora. Chi altro potrebbe garantire contributi altrettanto importanti? La maggior parte dei Comuni e dei Patriziati, che sono i primi promotori del Parco, non hanno più – alcuni da molti lustri – la forza finanziaria per appoggiare proposte che contribuiscano allo sviluppo delle regioni, soprattutto di quelle periferiche. È chiaro, quindi, che esiste un’effettiva necessità, anche perché sul tavolo di alternative non ce ne sono. O sarà Parco o non sarà nulla.

Diverso il discorso per l’ex caserma di Losone, dove l’utilità di una struttura per i richiedenti l’asilo dipende da imprevedibili flussi migratori. La vera necessità è quella di farsi trovare preparati nel caso di arrivi massicci. Anche perché, con caserma o senza, i migranti busseranno alla nostra porta. Mancando un’accoglienza regolamentata, potremmo ritrovarci immersi in scenari simili a quelli visti altrove; accampamenti a Como e giungla di Calais insegnano.

Sull’impatto delle imposizioni del Parco si potrebbero spendere fiumi di parole. Il gruppo del “no” sostiene che nelle zone centrali la natura è già sufficientemente selvaggia e libera senza ulteriori restrizioni. Non si può dare loro torto: si tratta di un territorio meraviglioso e tale deve rimanere. Per alcune aree limitate, il progetto in votazione va oltre quello che finora è stato fatto. Tuttavia, trattandosi del 28 per cento del comprensorio, il prezzo da pagare sembra sopportabile sia per i benefici naturalistici, sia pensando all’eredità per le generazioni future. Il tutto appare ancora più accettabile se si pensa che tra dieci anni i cittadini degli otto Comuni coinvolti (Centovalli, Onsernone, Bosco Gurin, Pedemonte, Ascona, Ronco, Brissago, Losone) torneranno a votare e, nel caso il Parco si rivelasse una delusione, potranno cancellare il progetto. Forse oggi un tentativo vale la pena farlo...

Le conseguenze del ritorno dei migranti all’ex caserma sono invece legate alla sicurezza sul territorio e alla qualità di vita. Garanzie di controlli giungono sia dalla Segreteria di Stato per la migrazione, sia dalle polizie cantonali e comunali (servizi finanziati da Berna). La paura è un sentimento soggettivo e neppure i dati, oggettivi questa volta, riferiti al calo del numero dei reati a Losone durante il precedente periodo di accoglienza, riescono a scacciarla del tutto. Per rispondere ai timori di una parte della popolazione occorre continuare a intercettare con efficacia e per tempo eventuali ‘falsi migranti’.
Per gli altri, per le persone che fuggono da situazioni disperate di guerra e violenza, l’ospitalità dev’essere considerata un dovere, nella più pura tradizione umanitaria elvetica. Il bilancio del periodo 2014-2017, con la civile convivenza tra migliaia di migranti di passaggio all’ex caserma e i losonesi, è stato positivo e si auspica che per i prossimi tre anni l’esperienza possa portare gli stessi frutti.

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