Commento

Il populismo applicato

I leader dei due partito di governo, Salvini e Di Maio, non fanno mistero di ispirarsi all'Ungheria di Orban

Il premier ungherese Victor Orban (Keystone)
1 giugno 2018
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Dei populismi europei, l’unico finora ‘pienamente’ applicato sotto forma di governo è quello ungherese. E infatti per i sovranisti continentali (genere Salvini e Meloni in Italia) il modello politico di Victor Orban sarebbe da esportare e applicare ai propri Paesi. Un laboratorio, l’odierna Ungheria, in cui confluisce la filosofia cosiddetta “anti-élite”. Un nazionalismo esasperato, che nel caso magiaro è alimentato da un storico revanscismo per le amputazioni territoriali subite fra le due guerre mondiali; la ‘purezza della razza e della sua cristianità’ che alimenta l’ossessione anti-islamica e anti-immigrazione e continua a proclamare la minaccia di un’invasione, quando nel 2017 il Paese ha ammesso soltanto 1’300 domande d’asilo; e naturalmente una netta opposizione a qualsiasi forma anche minima di concessione di sovranità in favore dell’Unione europea, di cui è parte dal precipitoso allargamento consacrato nel vertice del maggio 2004 a Dublino. Questa è la tela di fondo, del resto comune al ‘gruppo di Visegrad’, le nazioni dell’ex impero sovietico frettolosamente accolte nella casa comune europea. Nel caso ungherese, poi, in modo ancor più palese e grave che in altri Paesi del ‘gruppo’, è costante l’involuzione antidemocratica, con magistratura e informazione subordinate al potere politico, e vistose venature antisemite che si cristallizzano nella campagna contro il magnate George Soros, ebreo americano di origine magiara, attaccato per i suoi finanziamenti alle organizzazioni umanitarie impegnate nel soccorso ai migranti. Lo stesso Orban l’ha definita “democrazia illiberale”. Ma uno dei principali e stridenti paradossi è che Victor Orban, questo campione dell’anti-europeismo, si abbevera abbondantemente alla fonte degli aiuti economici della stessa Unione. L’Ungheria è un beneficiario netto dei Fondi strutturali. Nel 3016 ha ricevuto trasferimenti da Bruxelles per 3,5 miliardi di euro, equivalenti a 3,2 punti del suo pil. Sull’ultimo bilancio comunitario, Budapest ha staccato un assegno di 25 miliardi in sette anni, una delle quote pro capite più alte dell’Unione. Il sistema Orban è stato definito anche “una cleptocrazia” assai generosa con familiari e sodali. Si stima che i cinque principali amici del premier abbiano rastrellato dal 2010 contratti per due miliardi di euro. Una missione del parlamento europeo ha stimato che il 36% delle aste pubbliche aveva avuto un solo concorrente. Sono gli investimenti esteri a sorreggere l’economia magiara, ricambiati con un radicale dumping fiscale: nel 2015 Bosch ha versato il 3,5 per cento sugli utili, Mercedes l‘1,6, Audi lo zero. Certo, il paradigma magiaro non è semplicemente trasferibile e applicabile a Paesi più popolosi, più economicamente sviluppati, e di maggiore tenuta democratica. Ma il populismo si nutre di miti improbabili, autosuggestioni e narrazioni spesso fantasiose. Orban, per esempio.

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