Commento

Ciao, sono il tuo frigo

L'internet delle cose? È e sarà sempre più una gigantesca messe di dati, anche molto personali. Nelle mani di chi andranno a finire?

9 maggio 2018
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Google ci fa sapere che entra nel mercato degli oggetti connessi con Android Things: un sistema operativo dedicato all’internet delle cose, cioè a quell’insieme di luci, frigoriferi, tapparelle e termostati e quant’altro, collegato in rete e gestibile da smartphone. L’annuncio anticipa la Google I/O, l’annuale conferenza degli sviluppatori di Mountain View.

Siamo chiaramente di fronte a un salto (con l’asta) di livello. Per i più, l’internet delle cose è e sarà un qualcosa di molto pratico e superlativo, visto che dal nostro smartphone si potrà gestire persino il frigo di casa.

La novità ti permetterà di sapere, quando sei ancora in ufficio, se una volta giunto a casa hai tutto per cucinarti, metti, una pizza. Ti permetterà di evitare le arrabbiature se solo in serata scopri che – accidenti – ti mancava proprio la mozzarella.

Dal frigo all’automobile. In un comunicato, giunto ieri in redazione, il Touring Club ci informa che le applicazioni a distanza per auto (le remote-apps), sempre più di moda – che ci consentono di leggere in tempo reale, su smartphone e tablet, un gran numero di dati del veicolo (chilometraggio, livello carburante, intervalli fra i servizi, pressione delle gomme ecc.) –, hanno anche un potenziale rovescio della medaglia. Tutte funzioni confortevoli – annota il Tcs – ma che offrono l’opportunità pure ai malintenzionati di monitorarci ed entrare in azione... Per questo il paladino degli automobilisti presenta anche i risultati di un suo test sulla sicurezza di tali novità.

Insomma, se permettiamo che attraverso l’internet delle cose una crescente massa dei nostri dati venga registrata – da cosa abbiamo comperato e messo in frigo, a dove ci siamo recati in auto, a quando abbiamo alzato o abbassato le tapparelle… – dobbiamo anche essere sicuri che non venga sfruttata da terzi. Da chi? Be’, per esempio da una cassa malati o da una semplice assicurazione che desiderano sapere cosa abbiamo mangiato, a che ora abbiamo tolto quel prodotto dal frigo – perché fa male sgranocchiare dopo certi orari –, per non parlare delle birre che beviamo. E questo limitandoci anche soltanto a quanto si potrà sapere su ciascuno di noi registrando l’attività tutto sommato secondaria del nostro frigo…

La chiamano internet delle cose, ma è e sarà sempre più una gigantesca messe di dati, anche molto personali, che abbiamo già visto poi nelle mani di chi possono finire. Nella migliore delle ipotesi di operatori con interessi commerciali; nella peggiore di manipolatori della mente o di clonatori delle identità. Più grandi fratelli di così… alimentati – colmo dei colmi – da noi stessi.

Ri-benvenuti nel nuovo mondo.

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