Commento

Di 'furbi' e 'onesti' nelle assicurazioni sociali

Via libera in Parlamento alla sorveglianza degli assicurati. Ma esiste un problema politico altrettanto importante di quello degli abusi: la rinuncia a far valere il proprio diritto alle prestazioni.

13 marzo 2018
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Per anni detective privati al soldo della Suva e degli uffici cantonali dell’Ai hanno spiato persone sospettate di percepire in maniera indebita le prestazioni delle assicurazioni infortuni e invalidità. Poi la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) e il Tribunale federale (Tf) hanno stabilito che una tale limitazione di un diritto fondamentale – il rispetto della vita privata e familiare – può essere ammessa solo in presenza di una base legale chiara e dettagliata. Agli investigatori è stato rimesso il guinzaglio. E la politica è corsa ai ripari. A tempo di record. In poco più di sei mesi, le Camere federali hanno elaborato e praticamente digerito un’iniziativa parlamentare intesa a colmare la lacuna giuridica.

Marcata stretta dalla lobby degli assicuratori e dalla Suva, ieri un’ampia maggioranza di destra (Udc, Plr) e di centro (Ppd, Pbd e Verdi liberali) del Consiglio nazionale ha tra l’altro deciso che: a) anche le ‘osservazioni’ mediante localizzatori Gps sono possibili, basta che siano autorizzate da un giudice; le registrazioni sonore e visive effettuate dai detective, invece, non richiedono il nullaosta giudiziario; b) gli assicurati possono essere spiati non soltanto in luoghi accessibili al pubblico (strade, parchi, stazioni ecc.), ma anche in luoghi liberamente visibili da questi ultimi (il balcone di un’abitazione privata, ad esempio). Le nuove disposizioni consentiranno in futuro anche agli uffici cantonali dell’Avs e delle prestazioni complementari, agli uffici regionali di collocamento (disoccupazione) e persino alle casse malati di sorvegliare tranquillamente gli assicurati. In alcuni cantoni, tra i quali il Ticino, ‘ispettori sociali’ sono impiegati da tempo per individuare chi percepisce in maniera abusiva anche le prestazioni assistenziali.

Tutti, sinistra compresa, sono d’accordo su un punto: rafforzare la lotta agli abusi è nell’interesse degli assicurati onesti (la stragrande maggioranza); i casi sospetti sono un’infima minoranza, quelli confermati dopo i pedinamenti dei detective ancora meno, in qualche frangente si potranno nondimeno recuperare somme tutt’altro che trascurabili e, di conseguenza, ripristinare la credibilità del sistema delle assicurazioni sociali. Né la Cedu né il Tf, del resto, mettono in discussione la sorveglianza in sé. Chiedono semplicemente che questa venga effettuata conformemente a una legge che garantisca il rispetto dei principi fondamentali dello Stato di diritto.

Ora, si può discutere sulla proporzionalità delle misure adottate e sulla loro aderenza alla Costituzione federale e alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Nemmeno i ‘professori di diritto’ che ieri favorevoli e contrari hanno chiamato a supporto delle rispettive argomentazioni sono unanimi al riguardo. Basti qui osservare che, su alcuni aspetti (come la possibilità di sorvegliare le persone anche quando queste si trovano sul balcone di casa), l’arsenale legislativo messo a disposizione delle assicurazioni sociali e della Suva va oltre quanto prevede il Codice di procedura penale per polizia e pubblico ministero (per non parlare di quello messo in campo per lottare contro l’evasione fiscale…). In questo e altro lo stesso Consiglio federale non ravvisa tuttavia particolari problemi. Sarà. Un domani spetterà casomai ancora una volta al Tf o alla Cedu bacchettare la Svizzera.

Potremmo chiederci pure se il santo vale la candela. Ovvero: se le somme recuperate grazie alle indagini giustifichino i soldi investiti negli investigatori privati, o se questi non sarebbero meglio spesi altrove. Ad esempio nel migliorare l’esame dei dossier, che oggi viene svolto da funzionari spesso oberati di lavoro e poco disponibili all’ascolto; o, nel caso dell’Ai, da medici e medici di fiducia a volte troppo accondiscendenti oppure, al contrario, eccessivamente pro-assicuratore.
Qui però ci preme soprattutto far notare una cosa. Si discute spesso (anche perché una parte dei politici e dei mass media lo vuole) di quei pochi casi di abuso rilevati ogni anno e se ne fa – giustamente, ripetiamo, benché col rischio che così si getti il sospetto su tutti – una questione di interesse pubblico: di “fiducia” nello Stato sociale, di “credibilità” del sistema delle assicurazioni sociali. Ma esiste un problema politico almeno altrettanto importante: quello degli assicurati (onesti, in molti casi fragilizzati dalle circostanze della vita o malati a causa del lavoro) che rinunciano – per sottrarsi a sensi di colpa, stigma sociale e pressioni da parte degli stessi assicuratori – a far valere il proprio diritto alle prestazioni. Il fenomeno in Svizzera è in ascesa, ci dicono diversi studi, ma sin qui è stato ignorato dalla politica. Non sarebbe nell’interesse pubblico dibatterne? Non si proteggerebbero forse anche così gli assicurati onesti?

 

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