Commento

Migranti, perché non in famiglia?

Due fratelli accettano di dormire insieme e lasciare una stanza a un giovane rifugiato del Nord Africa

10 marzo 2018
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Due fratelli accettano di dormire insieme e lasciare una stanza a un giovane rifugiato del Nord Africa: i loro genitori sono contenti perché accogliere un migrante sta insegnando a tutti a condividere spazi e mezzi.

Una coppia di pensionati romandi, commossi dalle immagini dei barconi della disperazione, mette a disposizione di una famiglia afgana un appartamento libero nella propria casa: «Li abbiamo attesi per nove mesi, come una gravidanza! Ora li aiutiamo a trovare la loro strada».

A casa Berini nel Canton Vaud, la figlia maggiore è uscita di casa e la sua stanza è ora occupata da un 21enne eritreo, che ha fatto la sua prima esperienza di lavoro come aiuto giardiniere nel comune. “Lo aiutiamo ad integrarsi così da trovare, più facilmente, il suo posto in Svizzera”.

Altre famiglie ospitanti: “Facciamo quello che vorremmo fosse fatto per noi, se i ruoli fossero inversi”.

Sono alcuni commenti delle sessanta famiglie che nel Canton Vaud, negli ultimi 2 anni, hanno accolto sotto il loro tetto 200 migranti. Un modello di solidarietà che sta facendo scuola in Svizzera. Una bella solidarietà promossa dalle autorità vodesi, che permette di accelerare l’integrazione dei migranti, ridurre i pregiudizi della popolazione e anche risparmiare. (Perché in famiglia un migrante costerebbe meno che in un foyer). Vi raccontiamo come funziona alle pagine 2 e 3, perché pensiamo che sia un esempio positivo per il Ticino, dove si persegue una politica diversa: un unico rifugiato minorenne vive in una famiglia affidataria.
Qualche caso (sembra ne siano bastati pochi) andato per il verso sbagliato ha fatto alzare (assai velocemente!) bandiera bianca alle autorità cantonali. In Ticino, un centinaio di rifugiati minorenni non accompagnati è alloggiato in strutture gestite dalla Croce Rossa.

Ma torniamo al Canton Vaud, dove l’istituto per l’accoglienza di migranti (Evam) – che ha il mandato cantonale – ha provato più piste ed è arrivato alla conclusione che l’intimità della famiglia è meglio del foyer. I motivi sono molteplici: il migrante diventa come un parente, si integra più velocemente, impara la lingua e familiarizza con la cultura, sfrutta anche la rete sociale di chi lo ospita, trovando ad esempio più facilmente un posto di stage. Insomma, diventano autonomi più rapidamente!

Ma come sono riusciti a convincere la popolazione, chi ha avuto l’idea, chi l’ha portata avanti? 

Abbiamo capito che le autorità vodesi hanno avuto la capacità di guardare oltre e capire che un migrante integrato sarà una scommessa vinta per l’intera società. Viene garantito un buon accompagnamento alle famiglie ospitanti che si sentono sostenute. Infine, ci vogliono dirigenti coraggiosi. A dare la scossa ai vodesi è stato nel 2015 un uomo pragmatico che si chiama Nicolas Rouge (ex direttore di Henniez e allora municipale a Giez). Lui ha lanciato la sfida: ‘Se ogni villaggio accoglie una famiglia di migranti risolviamo il problema’. Questo ha dato la sveglia a molti. Oggi diversi paesini vodesi – come Faido, Malvaglia o Cevio – si sono dati da fare per alloggiare una famiglia di migranti. Il Comune trova una casa sfitta e un gruppo di volontari segue la famiglia. Questo progetto si chiama ‘Un villaggio, una famiglia’ ed è sempre sostenuto dall’istituto Evam.

Non tutto va sempre per il verso giusto. Nel Canton Vaud c’è stata qualche difficoltà, ma sapendo di essere sulla buona strada, si è andati avanti imparando dagli errori. 

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