Commento

Si ritorna a veder le stelle

‘Sdoganato’ l’ovvio, pur con qualche perplessità giuridica, il Gran Consiglio ieri pomeriggio ha bocciato il progetto dell’Udc

22 febbraio 2018
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‘Sdoganato’ l’ovvio, pur con qualche perplessità giuridica, il Gran Consiglio ieri pomeriggio ha bocciato il progetto dell’Udc che si proponeva come l’applicazione dell’iniziativa popolare ‘Prima i nostri’ accolta dal popolo ticinese. Un’iniziativa generica (ma al contempo dettagliata) che chiedeva di dare priorità ai lavoratori residenti. Un piccolo “mostro giuridico”, secondo Manuele Bertoli presidente del governo che aveva suggerito di respingere la proposta democentrista, e questo perché contraria al diritto superiore, ovvero federale (sugli stranieri può infatti legiferare solo la Confederazione).

E come ha detto Jacques Ducry, nel suo intervento ieri in aula, la discussione – nonché il nostro commento – potrebbe finire qui.

Il dibattito su ‘Prima i nostri’, in realtà, ieri ha occupato quasi l’intero pomeriggio parlamentare con tanto di “seduta notturna” (intermezzo sui rimborsi spesa del Consiglio di Stato a parte); i microfoni sono stati spenti alle 21.45. Anche perché al di là della discusssione generale sono seguiti sette atti parlamentari (più due mozioni) prodotti dalla specifica commissione speciale del Gran Consiglio, quelli appunto contenenti l’ovvietà, e cioè l’indicazione sulla priorità ai lavoratori residenti là dove è così da tempo, come nel settore pubblico e parapubblico (BancaStato, Ente ospedaliero, Supsi, Usi, Azienda rifiuti). Con l’ambizione di estendere l’invito alle strutture private finanziate dallo Stato. Sempre, beninteso, che vi sia l’alternativa perché in alcuni settori – da anni – la manodopera ticinese scarseggia. Qualche dubbio, come si diceva, è rimasto perché si tratta pur sempre di porre un paletto alla libera circolazione delle persone, ovvero all’accordo siglato fra Svizzera e Unione europea. Ma tant’è. Serve un segnale, ha detto qualcuno ieri in aula, e segnale sia.

Decisamente più importante, invece, il confronto sulla sostanza della materia: priorità tout court, a pari referenze, alla manodopera residente in Svizzera. La maggioranza (Plr, Ps, parte del Ppd e dei Verdi) ha detto no, ribadendo il ruolo del diritto superiore. Perché di questo si tratta. La forma vale tanto quanto la sostanza e non si può approvare “una legge che va contro la legge” per dirla sempre con le parole di Bertoli. Tocca alla Confederazione casomai cambiare la realtà dei lavoratori stranieri in Svizzera e toccherà al popolo decidere in un prossimo futuro se proseguire o meno con la libera circolazione delle persone.

Poi c’è la sostanza. Come la presentata, sempre ieri, Fiorenzo Dadò presidente del Ppd che ha chiesto e si è chiesto: cosa sta capitando ai nostri cittadini? Detta altrimenti, siamo o no convinti del malessere vivo e presente oggi in Ticino? Domanda più che legittima soprattutto per chi fa politica. Azzardiamo una risposta. Il malessere è un dato di fatto ma la vera causa della malattia continua a sfuggire o, magari, non la si racconta tutta. Se oggi una buona fetta della popolazione ticinese fatica ad arrivare alla fine del mese è perché i salari percepiti non sono più adeguati al costo della vita. Peggio. In Ticino da tempo crescono occupazione e ricchezza, ma al contempo aumentano la sottoccupazione, il precariato, il disagio sociale. Certo, la crescita “drogata” è anche dovuta ai lavoratori frontalieri e alle enormi differenze retributive (nonché costo della vita) fra Italia e Svizzera, ma siamo davvero convinti che solo cacciando tutti i frontalieri si risolverebbero d’incanto i nostri problemi?
Rispetto del diritto istituzionale a parte, dunque, non sarebbe male rimettere il campanile al centro del villaggio magari con una nuova “igiene dialettica” dove le parole ritrovano un senso e un peso appropriato. Ieri si è fatto un primo e importante passo in questa direzione. Magari è l’inizio di una nuova alba politica. Non abbiamo mai perso l’ottimismo.

 

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