Commento

Signori, ridate quei soldi!

Una nuova bufera sta investendo le nostre istituzioni cantonali.

22 febbraio 2018
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Una nuova bufera sta investendo le nostre istituzioni cantonali. Sulla graticola c’è ora il governo, o meglio i governi degli ultimi anni e il cancelliere, tirati in ballo per essersi attribuiti negli anni rimborsi spese, salari extra e doni, senza la necessaria base legale. E ciò malgrado le ripetute sollecitazioni da parte del controllo cantonale delle finanze di sottoporre all’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio – competente per onorari e previdenze dei ministri – una richiesta formale per ottenere la necessaria base legale. Reazione, però, quasi nisba.

A fare scoppiare ieri il bubbone è stato l’esposto di gennaio del deputato dell’Mps Matteo Pronzini, che ha inoltrato una segnalazione al Ministero pubblico per l’ipotesi di reato di abuso di autorità. Esposto analizzato dal pg John Noseda che ha sì deciso per un decreto di abbandono (facendo difetto il dolo, cioè l’intenzionalità), ma le cui motivazioni si sono trasformate in benzina (diverse taniche) sul fuoco.

Questo perché il magistrato, ricostruendo la vicenda, ha riportato tutta una serie di raccomandazioni e richiami fatti negli anni dal controllo cantonale delle finanze circa la mancanza di base legale. Citiamo dalla decisione di John Noseda: ‘L’atteggiamento passivo per la durata di 6 anni da parte del governo, che ha omesso di presentare all’Ufficio presidenziale la proposta di rimborso spese per formale approvazione, appare oggettivamente ingiustificato, pur se parzialmente scusabile tanto dal profilo istituzionale quanto da quello sostanziale’. In ogni caso dal profilo penale – osserva il procuratore generale – ‘tale atteggiamento omissivo non è costitutivo del reato di abuso di autorità per assenza di dolo’. Si tratta di un comportamento ‘superficiale e omissivo che può configurare una negligenza, ma non un dolo, neppure eventuale’.
Insomma, decifriamo: il procuratore generale ha sottolineato che l’Esecutivo ha tenuto un comportamento puramente passivo e omissivo e che in buona sostanza si è fidato troppo delle assicurazioni date dall’allora cancelliere Giampiero Gianella.

Resta il fatto che, nella sostanza che qui conta, il Consiglio di Stato si è attribuito soldi che non gli spettavano, poiché non c’era (e non c’è ancora) alcuna base legale. Tanti soldi: basti pensare ad esempio che, chi lascia la carica ad aprile a fine mandato, percepisce ben due salari supplementari.

È dunque opportuno non solo fare la massima chiarezza su quanto accaduto, lanciando la commissione della gestione sul dossier ‘caliente’ con poteri se del caso rafforzati (anche se letto il decreto di abbandono, diversi elementi ci sembrano già sufficientemente chiari), ma pure chiedersi – e se lo domanderanno anche i cittadini ticinesi – se chi ha beneficiato di salari e rimborsi spese senza la necessaria base legale non debba restituirli. In questo senso, se nelle prossime settimane ci fosse un qualche atto spontaneo da parte di qualche ministro, non sarebbe male. Non da ultimo andrà meglio elucidata anche la posizione, traballante, del cancelliere ‘consigliere’ dell’intero governo e di chi, ancora una volta, ha tranquillamente provveduto a fare pagamenti senza base legale.

Se faranno finta di nulla, in parlamento ci si spinga senza esitazione alcuna oltre. Oltre le competenze della commissione della gestione e la sottocommissione delle finanze. Ovvero in zona Inquirente. Il caso è grave e ancora una volta, come con Argo 1, sono stati versati denari pubblici senza uno straccio di base legale. Signori, così non va.

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