Commento

Politica, giustizia e confusione

Da un po’ di anni (troppi) improvvisazione e incoerenza contraddistinguono in Ticino i rapporti fra i poteri legislativo ed esecutivo da una parte e il potere giudiziario dall’altra

8 febbraio 2018
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Da un po’ di anni (troppi) improvvisazione e incoerenza contraddistinguono in Ticino i rapporti fra i poteri legislativo ed esecutivo da una parte e il potere giudiziario dall’altra. Affinché possa rendere una giustizia di qualità in tempi non biblici, la magistratura deve contare su mezzi e risorse umane adeguati. Sono quelle condizioni quadro che tocca alla politica – e dunque a governo e parlamento – garantire, con senso di responsabilità. La realtà però è un’altra: sempre più spesso la politica di casa nostra prende decisioni e lancia segnali contrastanti, che disorientano anzitutto loro, i magistrati. E questo dovrebbe preoccupare anche i cittadini. Ci limitiamo a un paio di (recentissimi) esempi.
Il Gran Consiglio si è pronunciato per un drastico ridimensionamento del numero dei giudici supplenti, avvocati che collaborano con i giudici ordinari del Tribunale d’appello nella trattazione delle cause per contenere gli arretrati. Il parlamento usa le forbici dopo aver deciso solo qualche anno fa – era il 2014 – di potenziare notevolmente la squadra dei supplenti. Il costo dei non togati si è rivelato non più sopportabile dalle casse cantonali? C’è un accresciuto rischio di conflitti di interesse, da ricondurre alla duplice attività, quella privata e quella al servizio dello Stato? Interrogativi legittimi. Ma la rapida risposta data dalla maggioranza del Legislativo potrebbe avere conseguenze pesanti. Un taglio “problematico”, ha avvertito dal Tribunale d’appello il presidente della Camera di protezione, che si occupa di un settore estremamente delicato, quello delle tutele e delle curatele. Parole al vento. Il Gran Consiglio taglia senza un preliminare approfondimento degno di questo nome, come ha fatto notare nero su bianco il governo. Che per essere più convincente ha scritto di ritenere necessaria l’attribuzione di un supplente all’Ufficio del giudice dei provvedimenti coercitivi... Strano, perché appena un paio d’anni fa, confezionando il controverso pacchetto di misure di risparmio, il Consiglio di Stato aveva proposto – e ottenuto – la riduzione dell’organico proprio di quell’ufficio giudiziario, da quattro a tre magistrati. Appunto: decisioni e segnali contrastanti, confusione.

Altro esempio: la procedura di nomina del procuratore generale, della persona che dirigerà il Ministero pubblico. Ora sei deputati, appartenenti a partiti diversi, chiedono all’Ufficio presidenziale (Up) del Gran Consiglio di poter leggere i rapporti dell’Istituto di psicologia applicata della Zhaw di Zurigo sui quattro candidati. Ci riferiamo agli assessment cui sono stati sottoposti lo scorso ottobre gli aspiranti pg. Il ricorso a una valutazione anche delle capacità attitudinali era stato deciso dallo stesso Up. Un passo opportuno per l’importanza della funzione messa a concorso e per cercare di ‘spartiticizzare’ il più possibile la scelta del nuovo procuratore generale. I parlamentari che siedono nell’Ufficio presidenziale hanno già visionato gli assessment. Li ha visti pure la Commissione di esperti, che però non ne ha tenuto conto considerandoli non rilevanti ai fini dei propri giudizi di idoneità. Ci auguriamo che l’Up si esprima al più presto (il pg verrà designato dal Gran Consiglio lunedì 19), accogliendo l’istanza dei sei deputati, i quali chiedono di avere “una conoscenza completa dei candidati”. Altrimenti sorge il sospetto di inconfessabili manovre, di inciuci che porterebbero acqua al mulino soprattutto di chi invoca l’elezione popolare dei magistrati. Da ricordare poi che la Costituzione cantonale attribuisce sì alla Commissione di esperti il compito di preavvisare le candidature, ma è al parlamento che assegna la competenza di nominare pp e giudici.

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