Commento

La piccola Svizzera scopre i suoi limiti

22 dicembre 2017
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La decisione dell’Unione europea di riconoscere non a tempo indeterminato l’equivalenza della borsa elvetica è una «chiara discriminazione», un apparente tentativo di «indebolire la piazza finanziaria della Svizzera» sulla cui «legalità» sussistono «dubbi»; il legame stabilito da Bruxelles tra «una questione tecnica» e i progressi nei negoziati per un accordo quadro è «sachfremd» (leggi: non sta né in cielo né in terra), «inaccettabile». È trascorso solo un mese dalla visita ‘amichevole’ del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. Abbastanza perché calasse il gelo sui rapporti tra Berna e Bruxelles.
Sono inusuali i toni impiegati ieri da Doris Leuthard. E le sue parole suonano ancora più secche se confrontate con la retorica ottimistica e un po’ zuccherosa sfoggiata il 23 novembre, quando a Berna Juncker propose addirittura di ribattezzare l’accordo quadro «accordo d’amicizia». Ma nel mezzo dell’escalation verbale – dove sembra che tutti, governo compreso, trovino facile sparare sulla ‘prepotente’ Unione – è bene non perdere di vista i veri rapporti di forza tra gli attori in campo. Perché la realtà è questa: spiazzato dall’agire dell’Ue, il Consiglio federale è riuscito soltanto a ipotizzare delle ‘contromisure’ (l’abolizione della tassa di bollo, una vaga minaccia di riconsiderare il promesso ‘miliardo di coesione’) che non si vede come possano indurre Bruxelles a modificare sostanzialmente il suo approccio alla ‘questione elvetica’. Tanto più che per l’Ue in gioco non vi sono in primo luogo le relazioni con Berna ma quelle post-Brexit con Londra, per la quale l’accesso ai mercati finanziario e azionario europei è cruciale. Logico che l’Ue non voglia presentarsi indebolita al cospetto della Gran Bretagna per aver creato un precedente con la piccola Svizzera. E poi le lamentele elvetiche sulla ‘discriminazione’ poggiano su basi fragili: l’Ue in fondo ha accettato il principio dell’equivalenza della borsa elvetica; questa è sì stata concessa a tempo indeterminato ad altri Stati terzi. Ma «la significativa differenza è che la Svizzera ha accesso al mercato interno», come ha ricordato il vicepresidente della Commissione europea Dombrovskis.

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