Commento

Che confusione, sarà perché…

(Davide Agosta)
26 settembre 2017
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Si sa, quando ci sono i risultati, tutto appare (è) più facile: le giocate in campo riescono meglio, le decisioni arbitrali sembrano come per magia girare a favore (o perlomeno quelle negative non pesano più di tanto), l’allenatore è un mago a scegliere moduli e uomini, il presidente un asso del mercato e il gran burattinaio dello spettacolo. Il problema comincia a sorgere quando alle buone prestazioni non seguono più i punti, per poi diventare confusione totale se oltre alle posizioni in classifica si perdono pian piano anche grinta e gioco.

È un po’ quello che sta capitando al Lugano, che per la prima volta da quasi un anno e mezzo si ritrova all’ultimissimo posto della Super League, quindi anche con una differenza reti peggiore rispetto a chi (in questo caso il Thun a quota 8) lo affianca in fondo alla classifica – l’ultima occasione in cui i bianconeri avevano occupato il decimo posto era stata nel maggio 2016 dopo il ko 1-0 a Cornaredo (sempre con il Gc) della squadra allora allenata da Zeman –. E se le prime uscite stagionali, seppur non tutte ripagate dal giusto premio – ad esempio con Lucerna (0-1), Zurigo (0-0) e San Gallo (0-1) Mariani e compagni avrebbero meritato di più –, erano state caratterizzate da prestazioni ordinate e determinate, in cui oltretutto si era visto a sprazzi davvero un bel gioco, dopo la pausa dedicata alla nazionale sono arrivati solo brutti ko e una vittoria striminzita in Coppa Svizzera, che hanno portato alla luce tutte le fragilità di questo Lugano.
Domenica con il Grasshopper, la squadra ha provato a invertire la tendenza e a tratti ha pure riproposto buone trame, ma tutte le presunte certezze si sono rapidamente infrante sul muro di un Gc tutt’altro che insormontabile. E al termine della partita, la confusione è apparsa evidente nelle dichiarazioni dei protagonisti, a cominciare dal presidente Angelo Renzetti, che una volta ancora non le ha mandate a dire e ne ha avuto per tutti: allenatore, giocatori e (in parte) persino per se stesso. Il numero uno bianconero ha parlato di scintilla non scoccata tra staff tecnico (quindi in primis Tami) e giocatori, del sistema di gioco da cambiare e di una rosa mai così competitiva dal ritorno nella massima serie. Seppur mantenendo la sua proverbiale calma, il mister ticinese ha comunque risposto: «Se lo dice lui... Non è mai nello spogliatoio... Ma ognuno può dire quello che vuole».

Ora, per quanto Gerndt sia un giocatore di sicuro valore e un grande lavoratore, Marzouk e Bottani abbiano talento da vendere, Junior la fantasia per sbloccare le partite e Manicone sembri essere un ottimo investimento per il futuro, tutto questo non ha di certo compensato la partenza di Alioski e Sadiku (25 gol e 18 assist in due). Perché è inutile girarci intorno, la differenza sta quasi tutta lì. Lo dicono i numeri (9 reti segnate in altrettante partite, peggio ha fatto solo il Sion con 8) e ieri lo ha sottolineato seppur indirettamente Fulvio Sulmoni, che ha giustamente affermato: «Sono i risultati che devono parlare e se il Lugano dopo nove partite ha otto punti, probabilmente significa che non è il più forte degli ultimi anni».

C’è poi chi, come capitan Sabbatini, ha tirato in ballo gli arbitri, affermando che «non è un caso che sbagliano solo con il Lugano». È vero, il rigore sulla sua conclusione fermata dalla mano di Jeffren ci sarebbe anche potuto stare (anche se la distanza era comunque ridotta e il braccio non erano nemmeno così lontano dal corpo), ma anche in questo caso la reazione più saggia (anzi l’unica giusta) è quella di Sulmoni, che ha detto: «Credo che dobbiamo smetterla di cercare alibi e scuse. Ognuno deve farsi un esame di coscienza e capire che quello che è stato fatto fino a ora è insufficiente».

Che il Lugano stia attraversando il momento più difficile della stagione è evidente e un certo smarrimento è pure comprensibile, perché a differenza di quello che cantavano i Ricchi e Poveri, più che l’amore a causare confusione in questo caso sono i risultati negativi, che se prolungati nel tempo rischiano di trascinarti in un vortice di emozioni difficili da gestire. Il problema è che a stabilire se il Lugano potrà recuperare un po’ di tranquillità o sprofonderà verso il caos, saranno le prossime partite: nell’ordine Steaua Bucarest in Europa League, Zurigo in trasferta e Basilea in casa...

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