Commento

Le parole hanno un peso!

(©Ti-Press/Benedetto Galli)
26 settembre 2017
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La missione della scuola e quella affidata agli insegnanti non hanno niente a che fare – o almeno lo speriamo vivamente! – con quanto esternato in rete dal docente delle medie di Barbengo. Già, perché gli insegnanti, in collaborazione con la famiglia e le altre istituzioni educative, aiutano infatti gli allievi a svilupparsi armonicamente per poter assumere un domani un ruolo attivo nella società. E, anche in questo contesto, le doti dell’equilibrio nei giudizi, dell’esercizio della dialettica e del confronto, del rispetto dell’altrui opinione... dovrebbero far parte integrante del bagaglio. Ovvio?
Non poi così tanto. Già, perché paragonare con faciloneria l’esito della votazione popolare di domenica sulla dibattuta questione della civica all’avvento del nazismo come fatto dal docente in questione, ci pare qualcosa di grave. Qualcosa che sconcerta.

Intanto e prima di tutto perché, utilizzando a sproposito il paragone col Terzo Reich, chi lo ha postato offende le vittime stesse del nazismo. Un’ideologia folle e mortifera, costata milioni di morti, equiparata al verdetto su una questione, pur importante ma non certo esistenziale, come quella della civica nella scuola ticinese? Ma per favore!

Le parole hanno un senso e un peso e un docente (che lo dovrebbe insegnare ai ragazzi) non può ignorarlo. Comportandosi così, egli ha dimostrato un’insostenibile leggerezza proprio rispetto alla storia del bellicoso Novecento; e anche un’insostenibile leggerezza rispetto al perno medesimo della democrazia: un sistema che funziona solo se chi perde accetta la sconfitta senza delegittimare l’avversario al punto da scomodare i peggiori spettri del secolo passato per screditarlo. Il ministro della socialità, Alain Berset, nello stesso fine settimana ci ha ben mostrato come si fa. Credete forse che la morte di un progetto di riforma della sicurezza sociale, nel quale ci ha messo l’anima, gli abbia bruciato meno del sì all’iniziativa sulla civica per chi la dovrà insegnare? Ha incassato e continuerà a lavorare. Ecco come si fa.

E per dirla tutta, già che ci siamo, va bene che i panni sporchi si lavano in casa, ma la reazione del direttore dell’istituto scolastico e del dipartimento ci è parsa decisamente blanda. Mentre si stanno chiarendo i fatti (ma carta, anzi social canta) non è nemmeno stato momentaneamente sospeso.

La scuola la si difende facendo l’interesse della scuola, che non è quello di avere fra i docenti chi vomita sui social simili bestialità. Che lezione devono trarre gli allievi? Come dire loro di dar prova di moderazione e di non abusare dei vari Facebook, eccetera? Se poi quel docente continua a insegnare, figurando anche nel gotha dell’istituto, ossia fra i colleghi del consiglio di direzione…

Se i fatti resi noti sono veri e accertati, c’è dunque ben poco da menar il can per l’aia. Quel docente ha perso di credibilità e l’istituto scolastico non può limitarsi alla cancellazione del post e credere che così verrà girata una brutta pagina e domani sarà un altro giorno. Se non lo capiscono i responsabili scolastici, speriamo che lo faccia capire loro il capo del dipartimento Manuele Bertoli. E se anche lui dovesse temporeggiare, toccherà alla politica.

Da destra (fronte Udc) è già arrivato un duro comunicato stampa. Ma questa non è una questione da buttare in politichetta partitica. È una questione che deve interessare tutto l’arco politico, da sinistra a destra. Il buon funzionamento della scuola di tutti è, infatti, affare di tutti, nessuno escluso.

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