Commento

Corriere del Ticino e Giornale del Popolo, se la Curia divorzia…

18 luglio 2017
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La notizia di un divorzio, coi suoi perché e per come spesso conditi da qualche umana curiosità, fa quasi sempre discutere. Di certo lo sta facendo – e parecchio – la separazione annunciata fra il ‘Corriere del Ticino’ e il ‘Giornale del Popolo’.

Eppure il matrimonio sembrava promettere bene: celebrato quasi quattordici anni fa, venne persino benedetto da monsignor Pier Giacomo Grampa, il vescovo che non voleva passare alla storia per essere colui che avrebbe affossato il GdP.

L’interesse a convolare a nozze sicure era allora di entrambe le testate: così facendo il foglio di Muzzano per tanti anni si è assicurato il primato di lettori (e relativa fetta di pubblicità), perché, sommati i suoi con quelli del GdP, l’ambita vetta era indiscutibilmente sua; la testata del Vescovo, da parte sua, dopo anni di turbolenze (finite anche in Procura e quasi quasi all’ufficio fallimenti se non fosse stato per i milioni spesi nel suo salvataggio dal CdT), aveva invece potuto legarsi a un foglio capace di aiutarla economicamente e giornalisticamente. Ma, si sa, anche i migliori matrimoni possono andare in crisi e gli ex coniugi andarsene ognuno per la propria strada sbattendo più o meno forte la porta a seconda dei casi. Insomma, dal prossimo dicembre andrà per la maggiore il motto ‘meglio soli che…’.

0Difficile dire a cosa e dove porterà la strada in solitaria indicata ieri dalla Curia che – monsignor Lazzeri dixit – vuole scegliersi da sola la dieta per far sopravvivere lo storico giornale. Difficile dirlo, perché oggi sono i gruppi editoriali a farla da padroni in un mercato in profonda trasformazione. Gruppi composti da testate a pagamento, testate gratuite, settimanali, siti online, radio e tv private blindate dalla sempre ‘benedetta’ quota parte del canone.

Così è perché dall’altra parte – cioè la parte di chi consuma informazione (gratuita e/o a pagamento) e di chi fa le inserzioni – le esigenze sono cambiate. Si cercano prodotti giornalistici capaci di informare il lettore minuto per minuto sul telefonino, attraverso i siti, le app, e anche per mezzo dei social (utilizzando approcci e linguaggi diversificati). Anche il ‘vecchio’ giornale cartaceo si sta giocoforza trasformando, cercando da un lato di difendere la sua capacità di informare fornendo notizie, chiavi di lettura e approfondimenti sui temi principali una volta al giorno e, dall’altro, appoggiandosi sul sito (per noi: www.laregione.ch) e sui social anche per aprire un canale online di informazione e di dialogo costante coi propri lettori e con chiunque sia interessato ad approfondire determinati temi (magari digitando anche un semplice hashtag).

Cambiamento nel cambiamento è poi anche quello relativo alla nostra capacità di saper intercettare temi non solo provenienti quasi esclusivamente dall’ambito istituzionale, ma di trattare pure argomenti segnalati o maturati nella società civile.

Per noi giornalisti, in questo periodo di rivoluzioni copernicane, gli sforzi di adattamento sono notevoli e lo sono/saranno di certo ancora di più per chi, come il GdP, desidera ora camminare con le proprie gambe. Ma non c’è alternativa. Stare fermi significa (più prima che poi) essere condannati a morte. Anche se, comunque sia, a una domanda centrale di tutto questo bailamme multimediale nessuno ha saputo dare ancora una risposta. Eccola qui: ma chi consuma informazione, a maggior ragione se pregiata, è disposto a pagare il giusto prezzo?

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