Commento

Fc Lugano, bella realtà con vista sull’Europa

3 giugno 2017
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“Un piccolo grande capolavoro, firmato soprattutto Angelo Renzetti”. Furono queste le parole che utilizzammo alla fine della passata stagione, quella del ritorno in Super League, segnata dal passaggio in riva al Ceresio di Zeman; quella di una salvezza ottenuta con un certo agio, nonostante una buona dose di scetticismo e mezzi a disposizione limitati.

Ebbene, oggi quel capolavoro è ancora di Renzetti, ma soprattutto è solo grande, anzi grandissimo, per quanto simili possano essere i presupposti che ne hanno delineato i contorni.

Le risorse sono inferiori alla concorrenza; la piazza è sempre quella, tanto invocata quanto un po’ freddina, dal punto di vista del sostegno al patron/presidente, uomo solo al comando, con invidiabile e pregevole successo. Al prezzo, però, di tanti sacrifici. Energie e mezzi investiti sono tuttavia ripagati da un traguardo storico, l’Europa festosamente “invasa” passando dall’ingresso principale, e non dalla porta di servizio dei preliminari. Al termine di una serata da sballo: dal dramma per la sconfitta sul campo alla depressione per il gol del Sion, fino all’esplosione per il pareggio del Gras­shopper. Un segnale del destino. Ebbene sì, ogni impresa è giocoforza accompagnata da un pizzico di buona sorte.

Impresa, appunto, ma solo fino a un certo punto. Fino alla presa di coscienza di un dato inconfutabile che ha segnato il campionato del Lugano: la qualità delle risorse tecniche a disposizione di Tramezzani.

Buona la qualità, grazie a un mercato sparagnino ma oculato, eccellente la gestione della stessa, con quanto ne è conseguito a livello di risultati sportivi. Superiori alle attese, questo è certo, ma non del tutto sorprendenti.

Non è la squadra più ricca, il Lugano, ma di certo nemmeno la più sprovveduta. È quadrata, esperta quanto basta, equilibrata e completa. Ha tratto grandi impulsi dalla valorizzazione di elementi ora pezzi pregiati sul mercato, lanciati, “coccolati” ed esplosi, al termine di un processo favorito da un ambiente sereno, ideale per farsi conoscere e affermarsi. Ha trovato in Sadiku un cavallo di ritorno con la bava alla bocca, una fame di calcio che conta e fa la differenza. Ha emarginato i giocatori non idonei al progetto tecnico di Tramezzani, reinventandosi un reparto avanzato che ha fatto sfracelli, da punto debole quale era. Insomma, il Lugano le ha azzeccate proprio tutte, le mosse.
Per quanto tutti gli elementi – fortuna compresa – abbiano concorso all’ottenimento di un traguardo prestigioso, questa rosa bianconera, così ben plasmata e diretta, ha sempre lasciato supporre un risultato importante. Si è trattato di trovare la quadratura del cerchio, operazione sempre delicata che però Tramezzani ha saputo chiudere in tempi brevi. In tempo per ottenere il massimo dal proprio lavoro, e da quello dei suoi ragazzi.
Restiamo dell’idea che il mister abbia sbagliato a punire la squadra con la visita all’impresa di pittura di Davesco all’indomani della sconfitta di Thun. Fuori luogo, quella lezione di “vita vera”, unico neo lungo un percorso che è sempre stato di alto livello. Sbagliato pure trincerarsi dietro a un silenzio francamente fastidioso (non spiegato, né giustificato), nel momento in cui la squadra si avvicinava al traguardo storico dell’Europa.

Errori salutati con un po’ di perplessità anche dallo stesso Angelo Renzetti, il quale auspica però che il rapporto con il proprio mister, artefice di una cavalcata memorabile, possa continuare. Al fine di dare continuità a un progetto che ora, sulla ribalta europea, acquista un’altra dimensione. Più ricca, più ambita.

Chissà che finalmente possa solleticare quanti al Lugano hanno sempre guardato, se non con distacco, con una certa diffidenza. La si poteva capire un anno fa, quando la salvezza fu solo un “piccolo grande capolavoro”. Non è più giustificabile adesso, una volta preso atto di un trionfo con tutti i crismi, da parte di una squadra che da tempo è andata oltre il ruolo di scommessa o di matricola, per posizionarsi tra le belle realtà del Campionato svizzero. Con vista sull’Europa. Acclamata, anche invidiata, forse anche presa ad esempio di come sia possibile costruire qualcosa di bello poggiando su una sana gestione economica, e ricavando il resto delle risorse dalla cultura del lavoro, dalla credibilità, dalla passione di chi vi lavora. E dall’uso senza riserve del cuore.

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