Commento

Il gigante riduce. Il Ticino subisce

(ALESSANDRO DELLA BELLA)
11 maggio 2017
|

I postini del futuro? Droni che sfrecciano, sopra le nostre teste, in apposite drono-vie (che sono allo studio), trasportando pacchi e le poche lettere rimaste. Altre macchine allo smistamento, altri robot ai pagamenti. Efficienti, mai malati o in ferie, per nulla sindacalizzati. La tecnologia avanza rapidamente, divora fette di mercato, lasciando una scia di vittime, ma creando anche nuovi lavori, per chi sa mettersi in gioco e cogliere il lato buono della situazione. Chi avrebbe immaginato solo pochi anni fa che avremmo avuto a Sion un autopostale senza conducente? La rivoluzione tecnologica non è domani, è ora. E il Ticino non è pronto, arranca e subisce una rivoluzione annunciata.

Troppo presi dalla sterile fobia dello straniero, che monopolizza da anni il dibattito politico. Troppo miopi (con qualche eccezione) davanti all’enorme valanga in arrivo del Gigante giallo, che chiuderà, nei prossimi tre anni, il 69% degli attuali 112 uffici postali. Ne rimarranno forse 35, forse meno. Salteranno vari uffici postali anche nel Luganese, Locarnese, Bellinzonese… Le valli sono già abituate a inviare un pacco in farmacia o al negozietto. Dovrà adattarsi anche chi vive in città. Perché questa rivoluzione? Perché nessuno o quasi manda più lettere e si fanno i pagamenti online. Gli uffici postali non rendono e la Posta li chiude o trasforma in agenzie, che però non danno lo stesso servizio.

Questa è la situazione. A fine mese ci sarà il secondo e ultimo incontro tra il governo ticinese e la Posta per decidere chi sopravvive e chi chiude. Di fatto, la Posta ha già deciso la sua linea; Cantone e Comuni si dovranno adeguare. La discussione è in corso, ma ci sembra che le forze in campo sono ben differenti.
Tanti Comuni hanno dovuto digerire l’amara pillola e rassegnarsi alla chiusura dell’ufficio postale, rinunciando a fare una segnalazione alla PostCom, le cui decisioni non sono vincolanti per la Posta. Quando Posta e Comune non trovano una soluzione condivisa, a spuntarla è la Posta: tira dritto e opta per la soluzione che ritiene ideale.

Non va meglio al governo ticinese che ha chiesto una moratoria, ossia rimandare le eventuali chiusure a dopo il 2020. La Posta non ci pensa proprio. Ce lo ha confermato la sua direttrice Susanne Ruoff (a pagina 3). Dal 7° piano del quartier generale della Posta a Berna-Wankdorf, la dirigente risponde picche al Ticino: ‘Con una moratoria faremmo la fine dello struzzo, dobbiamo reagire ai cambiamenti, non mettere la testa sotto terra’. Una doccia fredda per il Consiglio di Stato e per i 1’700 collaboratori della Posta in Ticino toccati dalla riorganizzazione. Per loro, il Gigante giallo ha creato una ‘borsa’ dei posti disponibili in azienda. Alcuni dovranno riqualificarsi, altri cambiare cantone, altri andranno in pensione, altri (diciamolo!) rimarranno a casa.

Eppure i postini sono amati dai loro clienti, in valle (vedi reportage a pagina 2) c’è chi li aspetta ogni mattina. Sanno tutto di tutti, meglio dei poliziotti. Conoscono il territorio come nessuno e sono gli amici (a volte anche gli angeli custodi) di molti anziani soli. Un capitale umano, un valore sociale senza prezzo che però oggi non rende più. Le cifre della Posta devono tornare a fine mese: la rete postale perde 190 milioni l’anno.
E allora torniamo al futuro, quando tutti i servizi dati da una persona saranno più cari rispetto allo stesso servizio dato da una macchina. Lo dice la direttrice della Posta Ruoff. Già oggi chi vuole fare i versamenti allo sportello della Posta paga una tassa, perché il trend è farlo online. Insomma, il servizio personale sarà un lusso.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔