Commento

La passione che permea l’aria fresca

(Pablo Gianinazzi)
29 aprile 2017
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Saranno i risultati, alla resa dei conti, a decretare il successo della scelta di puntare su Luca Cereda, promosso al timone del nuovo corso dell’Ambrì Piotta. È inevitabile, giacché di sport professionistico si parla pur sempre.

Siccome un drastico cambio di strategia e di orientamento societario, come quello intervenuto in casa biancoblù e concretizzatosi con l’insediamento del nuovo “head coach” a fianco dell’amico Paolo Duca (ds), non presuppongono l’immediato conseguimento degli stessi risultati, non si può non rilevare come detta scelta – formatore, giovane, ticinese, biancoblù – sia decisamente condivisibile.

Forse anche logica, alla luce proprio della nomina di Duca a direttore sportiva. Di certo ben ponderata (oltre che simpatica), e figlia di una riflessione che si inserisce in un ragionamento ad ampio spettro, che ha chiamato in causa il recente passato, la gestione stessa della società, con particolare riferimento alla prima squadra, il fiore all’occhiello un po’ appassito, al quale si vuole restituire un po’ di quello splendore venuto meno nelle scorse stagioni, per lo più segnate dai patemi e dall’ansia.

La svolta c’è, ed è inequivocabile, oltre che auspicabile. Paolo Duca prima, Luca Cereda poi (la via tracciata è questa, ed è ben segnalata), nel solco di una strategia votata all’identità di un club che vuole riannodare il filo del discorso con una storia lunga e meravigliosa. Una tradizione che la proprietà ha accettato di rinverdire, affidandosi a una direzione sportiva più “nostrana”, maggiormente in linea con il nuovo credo, e con la volontà di restituire un’identità biancoblù a un club che sulle tonalità biancoblù ha edificato una leggenda. In attesa di costruire la casa che ne ospiterà le gesta del futuro, ma è storia di domani.

Oggi convince che alla base del processo identitario avviato vi sia l’assunzione di responsabilità da parte di chi la strada sembrava aver smarrito, virando in direzione di una filosofia che non ha dato i frutti sperati. Al contrario, ha ampliato la distanza tra la società e il territorio in cui questa si è sempre identificata, mortificandone un po’ il passato e impoverendone anche i contenuti tecnico-sportivi. Prova ne siano gli stenti delle ultime stagioni, nonostante notevoli sforzi, anche e soprattutto finanziari. Necessari per stare al passo, tuttavia non paganti in termini di risultati.

Risorse nostrane

Filippo Lombardi, a nome di un Cda con cui divide il peso della responsabilità, non ha esitato ad ammettere di aver sbagliato strategia. Se ne è assunto il peso, e ha deciso di cambiare. Non una semplice ripartenza, quella dell’Ambrì, bensì una svolta vera e propria. Con sé porta, finalmente, la consapevolezza che era davvero il momento di intervenire e, soprattutto, che in Ticino ci sono risorse importanti, prodotto del movimento hockeistico regionale. Non sfruttarle, avrebbe significato ignorare quanto il territorio ha da offrire, in termini di competenze specifiche, di esperienza, di leadership. Avrebbe significato volgere lo sguardo altrove, una volta di più, alla ricerca di chissà quali soluzioni. Trascurando quanto già abbiamo in casa, talento e pregio da valorizzare.
Ben fatto, vecchio Ambrì. Quanto ai risultati, tempo al tempo. Arriveranno, se coerenza e pazienza accompagneranno l’entusiasmo del momento.

Nel frattempo, si goda – tutti – dei benefici di una brezza tonificante. Aria pulita. Unita alla passione che la permea, non può che fare bene.

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