Commento

Facebook a quando una bella causa?

27 aprile 2017
|

Era appena successo pochi giorni fa e, purtroppo, è nuovamente accaduto (cfr. servizio a pagina 3). L’altra settimana – ricorderete – aveva fatto scalpore la notizia di un uomo che negli Usa aveva assassinato un anziano e – utilizzando la funzione ‘live’ – aveva mandato in onda l’esecuzione su Facebook, rivelando in rete che aveva già compiuto altri e altrettanto orrendi delitti. Martedì, sempre che si possa fare una classifica degli atti più ripugnanti, è successo di peggio. A farne le spese è stata una bimba di 11 mesi, impiccata dal padre, che ha filmato la scena e l’ha trasmessa in presa diretta utilizzando sempre la stessa funzione offerta dal noto social. Come spesso accade, in casi del genere l’omicida si è poi suicidato. Drammi della vita, questi, che siamo purtroppo abituati a registrare.
Ma, da qualche tempo, coi social che invadono la nostra vita, anche l’orrore e la follia possono arrivare direttamente in casa, sul desk o in tasca sul telefonino. Scopriamo anche che le immagini vere di un’esecuzione (persino dell’impiccagione di una bimbetta!) per restare all’ultimo scioccante caso, vengono viste e persino condivise da centinaia di migliaia di utenti. E potrebbero anche diventare molte di più, se i gestori del social ad un certo punto (comunque e sempre con enorme ritardo), non corressero ai ripari ‘rimuovendo’ il filmato.

Che dire? Beh, che gli spazi di libertà, come rivendicati fin dalla sua nascita dalla rete, stanno ponendo pressanti interrogativi sui limiti. Perché, come del resto avviene nel mondo reale, retto da diritti, doveri e libertà, ad un certo punto ogni comunità – questione anche solo di ‘semplice’ civiltà – deve dotarsi di regole del vivere comune. In caso contrario, a dettar legge è – scusate il bisticcio – la legge del più forte (in casu del più folle).

In questo senso si stanno avanzando sempre più interrogativi sul fatto che questo mondo virtuale, nel quale siamo sempre più immersi, debba essere pure lui finalmente regolato dagli stati nazione. L’overdose di libertà si fa presto anarchia, o peggio caos. Giungla. Una giungla dentro la quale ciascuno fa quello che vuole e dove la follia ha pari diritto di cittadinanza della normalità.

Spiace che siano casi così atroci a spingerci a porre ancora una volta l’interrogativo dell’impellenza di fissare delle regole. Ma, pensiamoci bene, facendo un esempio fors’anche banale: perché Facebook permette che si pubblichi liberamente il filmato di un’impiccagione/esecuzione di una bimba di pochi mesi, mentre il sito di una testata giornalistica non lo farebbe mai? Anzi, un mass media si pone pure la domanda se pubblicare o meno le notizie dei suicidi, per evitare l’effetto emulazione! Se una testata tradizionale si comportasse come Facebook ci sarebbe un’insurrezione da parte dei suoi lettori/utenti, pronti a condannare quella scelta perché orribile e dettata dalla sola esigenza di generare traffico! Interverrebbero poi anche i magistrati (art. 135 Cps)! Se lo fa Facebook invece fa molto meno effetto.

Va detto che il noto social sta valutando come correre ai ripari. Operazione impossibile, se si continua a offrire un palco ‘life’ a chiunque lo desideri, senza nemmeno sapere che cosa andrà in onda! Riflessione che, fra l’altro, il social sta anche facendo con le famigerate fakenews, cercando di elaborare l’ennesimo algoritmo. Ammesso che per l’etica – quella con la E maiuscola dalla quale non si può prescindere – ne esista uno. Riprendendo un fortunato slogan politico francese: ‘Indignez-vous’. A quando una bella causa plurimiliardaria per fermare la barbarie virtuale? Forse, quella li obbligherà finalmente a riflettere sul serio!

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔