Commento

Patrimonio del nostro calcio

3 marzo 2017
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Lugano in Super League, Chiasso in Challenge. È il calcio che beneficia di una forte e critica attenzione mediatica. Ci sono le televisioni (più d’una, ormai), ci sono le radio, i giornali e i siti. La ribalta è quella che una volta veniva chiamata la Lega nazionale, oggi Swiss Football League, perché l’inglese mette d’accordo tutti, mentre l’italiano è limitato e provinciale, superato. Provinciale come il Ticino sportivo, del resto, realtà periferica che, tornando al calcio, ha però una storia – lunga, bella e ricca di successi e di aneddoti – che non si limita al Lugano e al Chiasso, massima espressione moderna del movimento pallonaro cantonticinese. Una storia scritta anche da realtà oggi scivolate in basso nelle gerarchie del pallone, agganciate a un presente dalle contenute soddisfazioni, ancorate a un passato glorioso ma non privo di cadute epocali, al lavoro per un futuro i cui contorni sono ancora da definire. Senza scomodare il destino che c’entra poco, il corso recente delle rispettive storie ha riunito nella stessa categoria sodalizi che alle nostre latitudini hanno un peso non indifferente, una tradizione oggi affidata ai ricordi. Domani, chissà, nuovamente oggetto delle attenzioni mediatiche di cui sopra. Le vie seguite da Bellinzona (meglio noto come Acb), Locarno (le bianche casacche) e Mendrisio (famoso e amato soprattutto quando era anche Star), consorelle nel gruppo 3 che domenica mette di fronte subito granata e bianchi per un debutto col botto, si incrociano lungo una stagione che si appresta a mandare in campo la seconda parte, quella destinata a separarle. L’Acb punta in alto, il Locarno lotta per la sua stessa sopravvivenza, al Mendrisio la Prima Lega calza a pennello, non a caso vi ha ormai messo le radici. La parola d’ordine in casa Bellinzona è crescita. All’ombra dei Castelli si lavora alacremente alla terza promozione consecutiva. L’operazione rinascita è scattata con l’acqua alla gola del fallimento targato Giulini. Quella granata è la risalita dal confino del calcio regionale fortemente voluta da una dirigenza – e da una piazza – che non ha accettato di finire nel dimenticatoio, memore di una tradizione che merita il rispetto negatole da chi ne decretò la “morte”. C’è un po’ di sano orgoglio, nella veemente reazione alle avversità dell’Acb, nonché la spinta alle spalle del popolo granata del calcio, senza pari quanto a entusiasmo e passione. Una forza così alle spalle, il Locarno non ce l’ha. Non ce l’ha più. Prova ne siano le difficoltà in cui si batte il presidente Michele Nicora, costretto a fare a pugni con gli scheletri che escono dall’armadio ereditato dalla vecchia gestione e la disaffezione di una piazza che male ha digerito l’impoverimento dell’offerta e il relativo ridimensionamento a livello di risultati e categoria. Fronte Lido, la parola d’ordine è sopravvivenza. Lodevole il tentativo di uscire dal cono d’ombra di un calcio che ha emarginato i bianchi. Difficile però pensare a un futuro sportivamente più prestigioso dell’attuale parcheggio in Prima Lega. Il Mendrisio (parola d’ordine, stabilità) ci sta benissimo, in Prima Lega. Società dinamica, bussa alle zone alte ma è conscia dei propri limiti. Nel gruppo 3 è di casa. Ci vive bene, a equo canone, premio alla fedeltà e al senso della misura. Trascorsi diversi delineano progetti distanti l’uno dall’altro, accomunati solo dalla categoria che li contiene. Lontana dai riflettori, anche la Prima lega racconta tre belle storie. Vale la pena ascoltarle, sono patrimonio del nostro calcio.

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