Commento

Se il Natale è (ancora) verde...

7 gennaio 2017
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Bianco Natale addio… Prima o poi tutti sono costretti a fare i conti con la realtà. Persino i politici, ci viene da dire, dopo il secondo periodo vacanziero natalizio (purtroppo) fallimentare per mancanza di neve nella maggioranza degli impianti di risalita della Svizzera italiana. La realtà qual è? Quella di un cambiamento climatico annunciato, studiato, temuto, col quale prima o poi anche noi, e non solo chi misura iceberg lontani o ghiacciai sempre meno eterni, ci saremmo dovuti confrontare.
Da anni i politici nostrani hanno avuto in mano uno strumento per capirlo e adottare tempestivamente decisioni anche impopolari, ma sagge e lungimiranti, dal punto di vista dell’uso oculato del denaro pubblico se la neve non c’è. Ci riferiamo al ‘Rapporto sugli impianti di risalita’ del 2008 di ‘grischconsulta’. Rapporto che fece un’analisi oggettiva del futuro prossimo del settore, futuro che è il nostro oggi a temperature mai registrate prima d’ora da MeteoSvizzera. Un rapporto – come ricordiamo a pagina 2 – che diceva due o tre semplici verità ai ticinesi.
Tanto per iniziare che, per ottenere la creazione di valore lordo totale in Ticino di 5 milioni di franchi, si accettano perdite di 7 milioni di franchi. Sempre in soldoni: che le aziende producono una perdita reale di 100mila franchi per ogni posto di lavoro a tempo pieno. Su quest’aspetto si scatenò allora il diluvio di polemiche da parte di chi sosteneva che il verdetto della perizia, commissionata dal Consiglio di Stato a una ditta grigionese, fosse così duro perché chi opera nei Grigioni ha interesse ad eliminare alcuni concorrenti ticinesi. Insomma, meglio screditare la perizia, piuttosto che riflettere sull’analisi.
Analisi che prediceva cosa? Né più né meno proprio l’inverno che vediamo oggi guardando fuori dalla finestra: tantissimi prati verdi, pochissime montagne innevate, impianti di risalita perlopiù fermi e/o boccheggianti e ancora in attesa del salvataggio con soldi pubblici.
Ebbene, partendo da questo dato di fatto, già ben fotografato dalla citata perizia, già dieci (!) anni or sono era tempo di fare una riflessione di fondo sull’intero dossier. Riflessione che la politica, in primis il Consiglio di Stato, con in mano quel rapporto schivò come la proverbiale oliva, anche perché ci par di ricordare, malgrado la posizione della ministra Sadis, in governo sedevano consiglieri attenti agli interessi delle valli (Locarnese e valli superiori del Bellinzonese) che non volevano arrendersi all’evidenza: dai che poi nevicherà ancora…
Si preferì quindi aiutare economicamente gli impianti di risalita perlomeno ad aprire, sostenendo i costi di collaudo, in attesa dei fiocchi di neve. Ma, ora che i fiocchi di neve stentano sempre più a cadere al momento giusto, siamo convinti che non si possa più tirare a campare.
A questo proposito ci piace evidenziare il fatto che, per esempio, il Monte Tamaro, anni dopo la riconversione, è stato designato secondo ‘Google trends’ la montagna più cliccata della Svizzera nel 2016, superando le più note Pilatus, Bernina, Cervino e Jungfrau. Però! Uno stimolo per chi ha sempre meno neve, ma comunque paesaggi da favola e (è una ricchezza non da poco) aria fina senza polveri fini e altre bontà da offrire, per trovare anche altre offerte complementari e stimoli per attirare i turisti. Soprattutto quelli indigeni.
Sulle nostre Alpi il potenziale c’è: con o senza neve. La leva sono le buone idee e il coraggio imprenditoriale di convertirsi.

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