Commento

Lavoro, tsunami alle porte

25 novembre 2016
|

La digitalizzazione sta rapidamente cambiando il mondo del lavoro. È di questo che si discute oggi alla ‘giornata dell’economia’ a Castione. Si tratta di un tema che si sta affermando con decisione e che la politica fa bene ad affrontare. Questo perché, mentre stiamo ancora subendo l’onda lunga della globalizzazione, mentre si fanno sempre più concreti gli altolà dei cittadini – in Gb con la Brexit, negli Usa con Trump (ma vedremo alla prova dei fatti) – mentre il messaggio dal basso è ‘riprendiamo possesso del nostro territorio’, ‘decidiamo noi del nostro destino’, che cosa sta succedendo? Che il nostro destino, soprattutto di lavoratori, potrebbe presto venir messo in discussione dalla quarta rivoluzione industriale. Si tratta – come ha ben spiegato ieri il collega Generoso Chiaradonna – delle applicazioni dell’intelligenza artificiale alle auto, capaci di muoversi senza guidatore, ai robot capaci di sostituire parecchia manodopera nelle fabbriche, ai programmi informatici capaci di inghiottire centraliniste, segretarie, ma anche consulenti legali e finanziari, giornalisti ecc. Come mai? Perché l’intelligenza artificiale è in grado di analizzare una quantità incredibile di dati e di offrirci la miglior soluzione. E quando sbaglia, la macchina o il programma imparano dall’errore. Ma a imparare non è la singola macchina, ma tutti i consimili in rete. Capito? A questo punto gli elementi di riflessione sono davvero molti. A cominciare da noi lavoratori. Quale impatto avranno queste tecnologie intelligenti sul lavoro? Sono in grado di creare macchine in grado di lavorare 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Che non protestano, non scioperano. In grado di sostituire non solo il lavoratore con poche conoscenze tecniche (chi lavora in fabbrica), ma pure quello istruito. Altro aspetto: i nuovi lavoratori programmati possono essere ovunque, sostituirsi alla manodopera e le poche aziende che causeranno con questo genere di innovazione (o meglio rivoluzione) il cambiamento, possono anche decidere di pagare le tasse dove meglio conviene loro. Un grosso problema per gli stati-nazione che dovranno fare i conti coi cocci (costi di disoccupazione e riqualifica), senza poter beneficiare di entrate fiscali adeguate. Il caso concreto di una multinazionale come Apple e la sua tassazione in Irlanda è lì a dimostrarlo. Dove sono stati fatti gli utili? E dove vengono pagate le tasse? Non appena affioreranno i nuovi fenomeni di sostituzione uomo-macchina, uomo-programmi tutti intelligenti (sempre di più), non varranno le semplici politiche attuali di ‘prima i nostri’. Perché le frontiere nulla possono opporre a questa dimensione. In parte ciò sta già succedendo. Ai postini in carne ed ossa sostituiamo i droni per portare i pacchi. Ai tassisti già ora si preferisce l’app uber. Ai piccoli commercianti Zalando. E la lista sta allungandosi di giorno in giorno. Fa bene il Dfe di Christian Vitta a tematizzare la questione, ma coraggio occorre andare oltre. Perché il futuro sembra ormai essere già presente. In gioco ci sono le risorse di un territorio: i posti di lavoro e l’effetto moltiplicatore generato da chi consuma, acquistando beni e servizi e pagando le imposte. Se questo circuito virtuoso verrà ancora una volta scombussolato dall’innovazione dell’intelligenza artificiale, il nostro benessere (ma in definitiva il benessere di tanti come noi) ne farà pesantemente le spese. Possiamo permettercelo? Possiamo fare qualcosa? Cosa? La politica, così impegnata in micro-battaglie, alzi lo sguardo all’orizzonte. E prenda atto della potenza dello tsunami ormai alle porte! Un’ultima cosa. Pur tuffandoci nella mischia, siamo convinti che si debba continuare a puntare sull’essere umano. È per lui che lavorano le macchine. Non viceversa.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔