Commento

Facebook, bufale e coscienza critica

22 novembre 2016
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Da qualche giorno si sta discutendo (ancora) di Facebook. Per la sua capacità di rilanciare accanto a fatti veri anche quelli inventati di sana pianta (cfr. pag. 19). Il caso, che occupa esperti e opinionisti, è legato agli effetti che determinate bufale create ad hoc – per es. che papa Francesco fosse pro Trump – hanno potuto avere sulla formazione dell’opinione pubblica Usa in vista del voto. Un simile dibattito lo abbiamo già sentito, con sul banco degli imputati i sondaggi: pure loro possono avere – a dipendenza di come è posta la domanda o di come è composto il campione – effetti diversi, persino venir pilotati per tentare di influenzare il sovrano. Per evitare effetti indesiderati in taluni Paesi si è deciso che i sondaggi non possono più venir resi noti a partire da una certa data prima del voto. Inutile dire che – fatta la legge trovato l’inganno – chi vuole aggirare le proprie regole nazionali usa media e siti di altri Stati, tentando così di interferire, ma dall’esterno. Un ‘extra muros’ molto relativo, visto che con la rete informatica, i confini statali sono di fatto inesistenti. Ma torniamo alla creatura di Zuckerberg. Facebook è regolato da algoritmi, cioè da una formula matematica (sconosciuta) che non lascia passare ogni comunicazione che fluisce fra te e i tuoi amici, bensì opera una selezione fra tutto quello che ti potrebbe arrivare, dando la priorità al genere di notizie che a te più interessano, perché le hai già consultate. Ciò significa tante cose: primo, che tutto quello che digitiamo viene monitorato e che vengono creati dei profili (quindi il prodotto siamo noi); secondo, che in base a queste invisibili scelte il nostro orizzonte si riduce sempre di più, perché se una certa cosa non interessa, non arriverà più (si abbandona così un approccio al mondo più generalista, possibilista e aperto); terzo, che, siccome basta un clic per ‘girare’ la notizia a tanti amici, e siccome spesso l’invio vien fatto solo in base a titolo e foto, senza necessariamente leggere il testo, vince manifestamente l’approccio emozionale. Se con questo approccio inseguiamo le bufale, perché proprio loro ti colpiscono, e ti dici ‘ora la dico ai miei amici’, l’interesse che suscitano e la loro viralità hanno come effetto di attirarne altre. Come mai? Beh, è l’algoritmo a deciderlo, perché noi vi abbiamo abboccato e l’abbiamo rilanciata. Ora pare che nella Silicon Valley potrebbero decidere di intervenire per cercare di modificare l’algoritmo, visto che certe notizie (false) generano effetti discutibili sugli utenti. E di riflesso sulla credibilità delle informazioni che girano in rete. Ma il problema dei problemi è che la rete deve rimanere libera. Se si pongono limiti, si sposteranno i server in Stati garanti della totale libertà. Ce ne sarà sempre uno disposto a farlo. Mettere limiti, poi, significa anche introdurre elementi di censura: cosa è una bufala e cosa è un’opinione molto profilata? Distinzione non sempre facile. Attendendo di sapere cosa farà Mister Facebook, non restano che poche alternative. Sperare che prima o poi vi siano sul mercato uno o più (veri) concorrenti, perché solo concorrenza e alternative possibili permettono di migliorare l’offerta (qualità e affidabilità comprese!). Ovvero secondo la logica fondamentale: io leggo (e ti regalo il mio tempo) solo se sei credibile e se qualche altro canale è più credibile di te, perché lavora meglio, sceglierò lui. Sintanto che, in una situazione di quasi monopolio, c’è solo Facebook, gli stimoli a cambiare su questi delicati aspetti sono limitati. Altra questione è far nascere in noi una coscienza critica: non tutto quello che passa in rete è vero. Fra i tanti contenuti praticamente infiniti ve ne sono anche taluni falsi e finalizzati a influenzarci pesantemente.

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