Commento

Il rispetto ai piccoli migranti

3 novembre 2016
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Ogni settimana arrivano in Ticino ragazzini, alcuni hanno solo 11 anni. Da soli, hanno affrontato un’odissea fatta di campi profughi, jeep stracolme nel deserto, violenze e barconi di fortuna per raggiungere l’Italia. Un viaggio, dall’Africa al Ticino, che farebbe impallidire diversi adulti e segue una rotta collaudata, dettata da spietate organizzazioni criminali specializzate in traffico di esseri umani. Non tutti ce la fanno. Chi arriva ha spesso lasciato indietro solo macerie, ha una scarsa scolarizzazione, nessun familiare sopravvissuto, un passato di bombe o gravi traumi subiti durante il viaggio. Questi giovani se la sono cavata da soli in un mondo crudo di adulti e sono arrivati fino in Svizzera. «Hanno una forza notevole, che vogliamo canalizzare in un percorso positivo». Così ci ha detto la direttrice della sezione Sottoceneri della Croce Rossa Josiane Ricci, responsabile del Foyer Insieme a Paradiso che ospita una sessantina di minori non accompagnati, dagli 11 ai 18 anni. Un mondo che vi abbiamo raccontato settimana scorsa in un ampio reportage.
La vera sfida con questi minori, che domani saranno adulti della nostra società, è proprio capire che hanno una marcia in più, una forza che va coltivata e indirizzata in progetti di vita sani.
Molti soffrono di stress post traumatico o altri disturbi legati alle esperienze vissute nel Paese di origine o nel viaggio verso l’Europa. Sono potenziali bombe ad orologeria. Aiutarli a digerire i loro pesanti drammi è importante se non vogliamo vederli esplodere, col rischio di farne dei probabili esclusi.
Investire su di loro significa offrire loro gli strumenti migliori per diventare adulti autonomi. Farlo è soprattutto un dovere morale, ma è anche un investimento per il futuro.
Lo ha capito il Canton Vaud – considerato dagli esperti un faro in Svizzera – dove sono stati creati piccoli centri, che non accolgono più di 40 giovani migranti, poi suddivisi in piccoli gruppi. Sono seguiti, passo dopo passo, da team educativi che li aiutano a studiare, trovare posti di stage, lavoretti estivi, li sostengono a livello psicologico, sanitario e ricreativo. Altri Cantoni, come Turgovia, non forniscono persone di riferimento e la notte li lasciano soli.
A denunciare queste differenze cantonali è la Fondazione svizzera del servizio sociale internazionale. Secondo il suo presidente, Rolf Widmer, «offrire una scrivania per i compiti e uno spazio personale è prima di tutto una questione di rispetto». Rispetto e professionalità che in Ticino ci sono e sono garantiti dagli esperti della Croce Rossa, ma si può migliorare.
Ospitiamo 77 richiedenti l’asilo minorenni non accompagnati, 57 nei centri della Croce Rossa e 20 distribuiti tra istituti, parenti e pensioni. Tutti sono scolarizzati, hanno un tutore e sono seguiti da personale specializzato. Il problema è lo spazio: il foyer della Croce Rossa a Paradiso è nato due anni fa per 19 giovani, oggi sono 57. Si sta stretti, gli spazi non bastano per seguirli in modo rispettoso. In primavera, si traslocherà al nuovo centro a Cadro e il Cantone sta valutando una nuova struttura a Castione per una ventina di minorenni (vedi pagina 10). Si vogliono creare strutture diverse per età diverse. Una scelta responsabile. Ma il vero scoglio sarà l’accesso al mondo del lavoro. (Il 70% degli adulti accettati non trova impiego e necessita del sostegno sociale). Che ne sarà di questi giovani? L’ondata di adolescenti soli va ingrandendosi: più che raddoppiati nel 2015 (da 1’806 a 4’216), a fine settembre 2016 si è raggiunto il record di 5’184 arrivi in Svizzera.

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