Commento

Giudici, un taglio insensato

13 agosto 2016
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A fronte di una manovra finanziaria da 185 milioni, con cui il governo si prefigge di risanare le casse cantonali, 256mila franchi paiono poca cosa: un risparmio annuo che non dovrebbe scaldare gli animi, dunque digeribile anche da chi ritiene che si debba agire più sulle entrate che sulle uscite. Ma ci sono tagli che, seppur contenuti, possono avere pesanti conseguenze sulle prestazioni di un servizio (pubblico) e trasformare per finire il risparmio in un costo. Il ridimensionamento dell’Ufficio del giudice dei provvedimenti coercitivi proposto dal Consiglio di Stato – da quattro a tre magistrati, con un ‘alleggerimento’ quantificato appunto in 256mila franchi all’anno – toccherebbe un settore particolarmente sensibile dell’apparato giudiziario ticinese. I gpc, i giudici dei provvedimenti coercitivi, sono infatti tenuti a confermare o no gli arresti ordinati dal Ministero pubblico (compreso quello della Confederazione) e pertanto a disporre se del caso la carcerazione preventiva, a pronunciarsi sulle richieste di proroga della stessa (e sulle istanze di liberazione avanzate dagli imputati qualora vengano rigettate dai pm), ad autorizzare o meno controlli telefonici. Tanto per ricordare alcune delle loro competenze. Devono statuire in tempi stretti, nel rispetto dei termini stabiliti dal codice. E le decisioni che sono chiamati a prendere, pure in materia di applicazione della pena, sono delicate.
Delicate poiché non di rado determinanti per l’esito di un’inchiesta penale. Delicate perché incidono sulla libertà dei cittadini. E su quest’ultimo punto il Consiglio della magistratura (Cm) è molto chiaro: “Degradare la tutela della libertà delle persone – che è di rango costituzionale e necessaria, quindi non puramente discrezionale – a una spesa o un costo qualsiasi si risolve in un’operazione – a dir poco – avvilente, per uno Stato che si pretende di diritto”. Parole forti quelle dell’organo che vigila sul funzionamento della giustizia in Ticino. Secondo il quale (vedi la ‘Regione’ di mercoledì), la riduzione di organico prospettata, anche di un solo giudice, non è sostenibile per l’Ufficio del gpc. “Esiste un problema serio e concreto nel garantire la necessaria legalità e parità di trattamento nell’evasione di tutte le pratiche, problema che verrebbe acuito riducendo il numero dei magistrati e, quindi, sottodotando l’Ufficio”, avverte il Cm nella lettera inviata di recente al parlamento, alle prese con il messaggio governativo sulla manovra. Alla luce dei delicati compiti attribuiti ai gpc, dei tempi brevi in cui devono deliberare e di statistiche dalle quali, come indica il medesimo Cm, non emerge alcun calo di attività (semmai ci fosse, sarebbe l’unico motivo per sollecitare eventuali tagli), un ridimensionamento dell’Ufficio del giudice dei provvedimenti coercitivi rischierebbe di compromettere la qualità delle sue decisioni: ergo, di costare caro allo Stato alla voce risarcimenti.
Qualcuno, invocando la separazione dei poteri, potrebbe considerare la missiva firmata dal presidente del Consiglio della magistratura Werner Walser, giudice del Tribunale d’appello, come un’invasione di campo. E a chi avrebbe dovuto esternare, il Cm, le proprie perplessità? In questo caso il Gran Consiglio è il suo interlocutore: la misura comporta la modifica della Legge sull’organizzazione giudiziaria e tale modifica compete al parlamento.
Ora, ci sono tagli che hanno un senso. E altri che non ne hanno, tra cui, crediamo, questo, che potrebbe rivelarsi addirittura controproducente. Di sicuro, le pertinenti osservazioni del Consiglio della magistratura meritano un’attenta riflessione.

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