Commento

Bsi, un caso da manuale

22 giugno 2016
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‘Bsi’, a interrogativi (scottanti), si aggiungono altri interrogativi (scottanti). Ieri, terminavamo il nostro commento affrontando la questione della restituzione dei bonus, che a rigor di logica andrebbe fatta se immeritatamente percepiti. Bonus che, nel caso della ‘Bsi’, sembra che qualcuno ai vertici abbia ricevuto. Domanda: si tratta forse delle stesse persone responsabili delle malaugurate decisioni strategiche che hanno finito per nuocere alla banca stessa, fiore all’occhiello della piazza finanziaria ticinese? L’interrogativo è centrale perché, se la banca si è ritrovata esposta a tal punto da dover essere integrata in ‘Efg’, come richiesto dalla Finma (l’autorità di vigilanza sui mercati finanziari), è importante sapere se chi ha commesso e/o avallato tali errori a Singapore, si è anche ricoperto d’oro a Lugano. Di tanto o poco oro? Lungi da noi rincorrere voci di corridoio, ma l’insistenza con la quale è tornato alla carica Bignasca jr. con un atto parlamentare, facendo anche una cifra stratosferica, lascia letteralmente allibiti. È davvero così? Ricordiamo che il deputato già aveva interpellato il capo del Dipartimento finanze ed economia, Christian Vitta, sul trasferimento (per motivi culturali!) di domicilio dell’ex Ceo di ‘Bsi’ da Lugano a Londra. Trasferimento che, dal punto di vista strettamente economico, si è di certo tradotto in un sensibile vantaggio economico per il dott. Gysi. Giusto, sbagliato? Ciascuno faccia quel che vuole. Se mira a ottimizzare i propri guadagni, può decidere di passare una parte della propria vita qui, fare milioni a palate, e poi, appena andato in pensione, andarsene a vivere anche laddove paga meno imposte. Del resto non è l’unico fortunato (economicamente parlando) arricchitosi in Ticino, grazie alle opportunità offerte dal nostro mercato, poi emigrato a Londra o a Monte Carlo. Ovviamente, detto per inciso, chi qui continua a vivere, non può certo plaudere a queste scelte di un opportunismo inversamente proporzionale all’amor patrio verso un Canton Ticino che il lavoro prima del bye bye lo ha dato. Ora però la questione sul tavolo è un’altra: si tratta, come detto, della possibilità di venir chiamati alla cassa per aver percepito dei superbonus quando non li si meritava. E più alti sono stati i bonus, più evidente è l’ingiustizia. Questo nodo è stato evidenziato anche dalla consigliera nazionale Carobbio Guscetti che ha fra l’altro chiesto al Consiglio federale se ritiene di intervenire per esigere la restituzione dei bonus (o una parte rilevante di essi) versati da ‘Bsi’ per gli anni durante i quali si sono svolti i fattacci accertati dalla Finma, e ciò nonostante l’assenza di una base legale per questa restituzione. Scontata la risposta: no, niente base legale, niente restituzione. A livello cantonale è, invece, tornato alla carica Bignasca jr., chiedendo cosa incasserebbe fiscalmente il Cantone se il (presunto) megabonus andato a Gysi fosse tassato in Ticino e non a Londra (contenzioso fiscale a parte). Questa domanda ne sottintende un’altra: visto che gli effetti sociali della fine della ‘Bsi’ in parte ricadranno anche sulle casse dell’ente pubblico (disoccupazione, assistenza, riqualifiche professionali, sanità…), se quel supergruzzolo fosse almeno stato tassato qui, qualcosa sarebbe comunque finito nelle casse del Cantone. E invece… Insomma, il caso ‘Bsi’ sta diventando sempre più un caso da manuale: il manuale di come non si deve fare.

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