Commento

Euro ’16, un calcio a paura e problemi

10 giugno 2016
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È il torneo dell’Uefa, e si svolge in Francia. Avrebbe potuto incoronare imperatore Michel Platini – “Le Roi” per questioni calcistiche – che invece è persona non grata, per la sospensione di quattro anni che la “sua” Uefa ha maldestramente cercato di eludere, con un invito affinché potesse comunque esserci, benché non in veste ufficiale. “Prego si accomodi, ma dalla porta di servizio, e in forma anonima”. Più o meno questo il tenore del patetico zuccherino. Sdegnosa e coerente la risposta. “No grazie”. E fine di una speculazione fuori luogo, che puzza di opportunismo e cela malamente le macchie di una coscienza sporca. C’è lo sguardo critico del mondo, per un mese, sulla Francia. Anche se in realtà è già così da molti giorni. È un Paese scosso da scioperi, moti popolari e disordini. Una nazione che ha preso le distanze da chi la governa. Un divario che il buon andamento del torneo può quantomeno contribuire a non ampliare ulteriormente. Distanze, per contro, che un Europeo che dovesse andare storto rischierebbero di diventare incolmabili, stando ad alcuni osservatori della politica dell’Esagono. La posta in gioco travalica le questioni sportive, per sfociare nei meandri di una politica che ha perso credibilità. Che nel calcio ha un biglietto da visita privilegiato. Che con il calcio, con il perfetto funzionamento del carrozzone targato Euro 2016 cerca quantomeno di contenere i danni. C’è chi il pallone lo calcia, altri che invece lo cavalcano, speranzosi. Gli Europei si impossessano della ribalta, provano a offuscare la politica. Che a sua volta starà al gioco, nella speranza di trarne beneficio. Fari puntati su squadre e tifosi, sulle masse di appassionati che affollano i ritrovi pubblici, che assiepano gli spalti. Quanti bei propositi, che bella festa. Sale l’attesa, incombe la partita inaugurale. Insoddisfazione e rabbia vengono sacrificate sull’altare dello sport. Non fosse che... Non fosse che su Euro 2016, così come su qualsivoglia evento di una certa portata e con un certo seguito popolare, aleggia lo spettro del terrore, con la sua aria sinistra, con la sua natura disumana. Si può fingere disinteresse, si cerca di lasciarsi cullare dall’idea che tutto si svolga per il meglio, senza incidenti, senza dovere fare i conti con altro che non siano le vittorie e le sconfitte. Si può tentare, certo. Anzi lo si deve fare, ma l’ombra invadente resta, avvolgente. Parigi, già. Vi si gioca Francia-Romania, oggi. Lo stadio è quello, la città è quella. Ferita, più di una volta. Al centro del mondo, per molte tragiche ore. Capitale anche dell’Europeo, per un mese. Le misure di sicurezza sono imponenti, l’Euro è corazzato e vigile, ma la paura resta. Ci si guarda attorno, ci si guarda alle spalle, con sospetto. Nulla viene lasciato al caso, ma non è il destino a preoccupare. Tant’è, una vigorosa spallata ai cattivi pensieri e via, fiondiamoci nel meraviglioso mondo del calcio giocato. Sarà anche retorico e banale, ma il calcio vissuto spensieratamente, come se nulla fosse stato, è la risposta migliore che il mondo possa dare a chi ne vuole mettere a soqquadro la stabilità. La normalità è la dimensione nella quale squadre, tifosi e appassionati si augurano di poter dare vita a uno spettacolo. Una grande rappresentazione festosa che, per avere un senso, per dirsi riuscita, deve poter contare su una fortissima partecipazione popolare. Suvvia, l’Euro li avrà, i suoi tifosi, in massa. Si guarderanno attorno, si guarderanno alle spalle, ma poi andranno allo stadio.

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