Commento

Le stringhe degli ‘indignados’

7 giugno 2016
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La vicenda giudiziaria del docente di Arbedo, condannato la scorsa settimana dalla Corte delle Assise criminali a 14 mesi (sospesi per un periodo di prova di due anni) per aver compiuto abusi ai danni di alcuni allievi, sta giustamente diventando un caso-dibattito. Per mesi e mesi, a puntate, se ne è parlato in modo tutto sommato contenuto, sebbene fosse già chiaro che i fatti venuti gradualmente alla luce dentro e fuori dall’aula erano gravi, che le vesti del colpevole le indossava un docente delle scuole elementari (un educatore dunque!), e che proprio alcuni allievi erano le sue piccole vittime. Ora, insieme al sipario di prima istanza, la tensione sul caso di pedofilia non è affatto calata. Perché? Perché in una larga parte dell’opinione pubblica ticinese, informata più in dettaglio sugli squallidi fatti, c’erano delle aspettative, che sono andate disattese. Ed è proprio sulle loro ceneri che è cresciuta una grande indignazione. A stupire è stata in particolare la condanna sospesa condizionalmente e abbinata alla liberazione immediata del colpevole. Ma come, si sono chiesti taluni? È colpevole e lo si libera? Visto che le vittime delle sue attenzioni sessuali sono stati i bambini, ci si aspettava una condanna ben più severa. Per la verità, è bene ricordarlo, il docente è stato comunque incarcerato, mentre era in attesa di processo. È stato sì liberato, subito dopo la condanna sospesa, ma dopo aver comunque già trascorso un annetto al fresco in espiazione anticipata di pena. Sta di fatto che le attese nei confronti della Corte giudicante erano superiori anche da parte dell’accusa, che aveva formulato a processo una richiesta di pena ben superiore rispetto a quella riconosciuta. Non per niente il procuratore pubblico ha già dichiarato di voler ricorrere contro la sentenza di primo grado. Staremo a vedere. Ora, parallelamente alla via giudiziaria, c’è chi ha deciso di imboccarne una seconda: di piazza, virtuale e non solo. Un medico che, insieme ad altre donne, coniando lo slogan ‘I bambini non si toccano!’, ha lanciato un’iniziativa su Facebook di cui vi riferiamo a pagina 11. Con quale intento? Quello di sensibilizzare l’opinione pubblica su una perversione spesso nascosta, la pedofilia, e sulla necessità che le pene vengano inasprite, e di farlo con una reazione forte e plateale: parole chiare e stringhe intrecciate quale rete contro l’omertà e una giustizia troppo morbida. Parliamone dunque, discutiamone (un’azione che l’Aspi fa da anni sul terreno lavorando sulla prevenzione), anche partendo da un caso concreto indigeribile, e interessiamo in particolare i giovani anche costruendo reti di stringhe dalla grande forza mobilitatrice e simbolica. Si tenga comunque conto anche di un aspetto particolare, visto che il caso potrebbe ricadere ancora sotto la lente della giustizia (speriamo che il ricorso davvero ci sia): personalizzandolo, l’abile difensore del docente non mancherà di far valere in sede di ricorso, anche la pressione dell’opinione pubblica sulla nuova Corte, cercando di trarne il maggior beneficio possibile per il suo assistito. E allora non si saranno fatti gli interessi delle vittime. Per il resto, avanti con le stringhe e le reti che impigliano. L’indignazione forse non sposta le montagne, ma riesce a produrre maggior sensibilità e a spingere leggi e giurisprudenza verso maggior fermezza. Come scrivevamo l’altro giorno a proposito dei ‘massaggini’ inadatti. Può davvero essere questione di centimetri?

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