Commento

Chi è che parlava di dittatura?

6 febbraio 2016
|

«La Berna federale si è avviata sulla strada della dittatura». Christoph Blocher a metà gennaio è tornato a scagliarsi contro «politici, autorità, amministrazione e giudici», rei a suo parere di calpestare la volontà di popolo e Cantoni, presunti detentori del «potere supremo dello Stato». Sembra minestra riscaldata. Non lo è. Stavolta il ‘tribuno’ dell’Svp (acronimo di ‘Schweizerische Volkspartei’, dove ‘Volk’ sta per popolo) ci scodella la sua nota, manichea visione del mondo elvetico (il popolo ‘puro’ contro un’élite politico-giudiziaria intrallazzatrice che trama ai suoi danni) alzando decisamente i toni; e con un condimento in parte inedito: l’Iniziativa per l’attuazione dell’espulsione degli stranieri che commettono reati (Iniziativa per l’attuazione). Chi confida(va) in un’Udc/Svp ammansita dopo aver ritrovato il secondo seggio in Consiglio federale, è servito.
È vero che popolo (e Cantoni) hanno dimostrato di avere lo stomaco forte. Il 28 novembre 2010 digerirono con relativa disinvoltura un’aberrazione etica e giuridica: il principio (per così dire…) della doppia pena (condanna, per reati per lo più gravi, più espulsione automatica) applicato a una determinata categoria di persone (gli stranieri). Il grosso della frittata, insomma, è già stato fatto allora con il sì alla prima iniziativa dell’Svp, quella ‘per l’espulsione’ con cui la Svizzera – grazie alle pecore nere espulse a calci dal suolo patrio su manifesti ora tornati in auge – si fece notare in mezzo mondo. La seconda iniziativa, su questo piano, riesce comunque a peggiorare le cose. Soprattutto perché prevede l’espulsione automatica, in caso di recidiva, anche di stranieri condannati per aver commesso reati minori: una spada di Damocle in particolare sopra la testa di decine di migliaia di giovani ‘secondos’, adolescenti o giovani adulti di seconda o terza generazione nati o cresciuti in Svizzera, ma privi di passaporto rossocrociato.
Oggi però c’è dell’altro in gioco. Gli stranieri continuano ad essere nel collimatore dell’Svp, ma ormai non si limitano a fungere da bersaglio: sono diventati il grimaldello utilizzato dal primo partito svizzero per tentare di scardinare – in nome della ‘volontà popolare’ – lo Stato di diritto. Se approvata, infatti, l’Iniziativa per l’attuazione (redatta come se fosse una legge bell’e pronta) esautorerebbe il parlamento (cioè l’organo deputato ad elaborare le normative d’applicazione delle iniziative popolari), ridurrebbe i giudici al ruolo di automi macina-sentenze d’espulsione automatica (senza esame del singolo caso) e si farebbe beffe sia della Costituzione federale (il principio di proporzionalità), sia dei diritti fondamentali iscritti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) e in altri trattati internazionali sottoscritti dal nostro Paese.
C’è di più a proposito di Costituzione: l’iniziativa-bis dell’Svp esplicita (ed è una novità) la preminenza del diritto svizzero rispetto al diritto internazionale. Lo fa certo limitatamente alle disposizioni concernenti l’espulsione degli stranieri. Ma “un tabù verrebbe infranto – ha scritto di recente l’avvocato Christophe Tafelmacher sulla rivista ‘Vivre ensemble’ –: il non rispetto dei trattati internazionali ratificati dalla Svizzera sarebbe prescritto dalla Costituzione stessa…”. L’Svp non perde tempo, ha già compiuto il prossimo passo: il lancio dell’iniziativa popolare ‘Il diritto svizzero anziché giudici stranieri (‘iniziativa per l’autodeterminazione’). Così, ciò che oggi viene rivendicato ‘settorialmente’, domani potrebbe essere generalizzato: a quel punto, avremmo una Costituzione che legittima violazioni dei diritti fondamentali sanciti dalla Cedu.
Chi è che parlava di dittatura?

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔