Commento

Ultima chiamata per regolarizzare

1 dicembre 2015
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L’ultimo treno per la ‘Voluntary disclosure’ è passato ieri. Da oggi, chi non ha aderito al provvedimento italiano di emersione dei capitali ‘illegalmente esportati’ all’estero, o non aveva motivo per farlo (del resto ci sono stati solo negli ultimi otto anni due ‘scudi fiscali’ con altrettante appendici), o ha trovato vie alternative alla regolarizzazione del passato. Oppure, ultima ipotesi, confida nel fatto che la tanto sbandierata trasparenza fiscale internazionale non sarà poi così estrema e soprattutto, molto probabilmente, non verrà attuata in tempi strettissimi. Sulla carta, a partire dal primo gennaio 2017 (tra poco più di un anno) avverrà il primo scambio automatico d’informazioni. I dati verranno censiti e raccolti, però, già dal prossimo primo gennaio. Tale prima fase interesserà 30 giurisdizioni, tra cui quasi tutti i Paesi membri dell’Unione europea (tranne l’Austria e la Bulgaria) a cui si aggiungono Messico, Argentina, India e una manciata di isole caraibiche. Dal 2018 altri 40 Stati (tra cui la Svizzera) attueranno lo scambio automatico d’informazioni su dati raccolti durante il 2017. L’iter di ratifica dei relativi accordi bilaterali o multilaterali è ancora in corso e non è detto che per quella data ci sarà il primo flusso d’informazioni da e verso la Svizzera, per esempio. La certezza è che prima o poi tale flusso avverrà. Chi specula su questi ipotetici ritardi corre quindi grossi rischi. Il modello di business degli istituti finanziari dovrebbe essere cambiato. La piazza finanziaria svizzera, e quella ticinese in particolare, cambierà notevolmente nei prossimi anni. Il ‘vecchio’ business, fatto di anonimato fiscale ad ogni costo, dovrebbe essere giunto al capolinea. Sappiamo che ci sarà sempre chi non si adeguerà e cercherà di percorrere qualsiasi strada, anche controcorrente, che protragga ancora per qualche anno il ‘vecchio mondo’. Ma è una speranza vana. Il segreto bancario è andato sgretolandosi a partire dal 2008 (scandalo Lehman Brothers). La crisi finanziaria ed economica globale ha eroso base imponibile e costretto i governi a cercare di combattere in modo più efficace l’evasione fiscale internazionale. Lo scambio automatico d’informazioni è apparso la via più efficace. Da qui il nuovo standard internazionale fatto proprio dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Se tutte le principali piazze finanziarie internazionali si mettono d’accordo per fare contemporaneamente un passo indietro – si è ragionato – per giocare tutti con le stesse regole, gli spazi per pianificazioni fiscali ‘estreme’ e ‘ardite’ si riducono enormemente. Di pari passo gli stessi governi hanno concesso periodi più o meno limitati e più o meno lunghi a chi si trovava nella scomoda situazione di dover giustificare al fisco capitali più o meno opachi. Sono andati in questa direzione gli Stati Uniti con i primi provvedimenti di ‘Voluntary disclosure’, seguiti da Gran Bretagna, Olanda e Germania. L’Italia, dopo la stagione delle emersioni anonime e scontate (scudi fiscali), è arrivata tra gli ultimi a adottare un provvedimento di emersione palese, ma lo ha fatto contemporaneamente alla sottoscrizione della riveduta Convenzione bilaterale contro la doppia imposizione con la Svizzera. Un modo per sottolineare, anche dal punto di vista diplomatico, il passaggio da un paradigma ritenuto granitico (segreto bancario) a un altro improntato alla fiducia e alla trasparenza. Ticino e fiscalità dei frontalieri permettendo.

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