Commento

Senza presente e senza futuro

9 ottobre 2015
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Nei suoi 111 anni di vita la Fifa non era mai caduta così in basso. Da ieri il massimo organismo del calcio mondiale non ha più un presidente in carica e, quel che è peggio, rischia di aver perso anche colui che pareva essere il cavallo vincente per le elezioni in programma il prossimo 26 febbraio. La decisione della commissione etica di sospendere per novanta giorni Sepp Blatter e Michel Platini rappresenta un terremoto di magnitudo nove sulla scala Richter. Non tanto perché mette in discussione il presente della massima istanza calcistica, ma soprattutto perché pone un grosso punto interrogativo su quello che potrà essere il futuro della Fifa. Il viale del tramonto Blatter lo aveva già imboccato lo scorso 27 maggio, quando a Zurigo la polizia elvetica aveva eseguito una serie di arresti alla vigilia del Congresso. Le dimissioni del 2 giugno avevano di fatto messo fine al lungo regno del colonnello elvetico. Le sospensioni decise ieri lasciano sì la Fifa senza un presidente, ma tagliano di fatto le gambe a colui che era considerato da molti come l’unico possibile erede di Blatter, quel Michel Platini per molti anni delfino del vallesano, dal cordone ombelicale del quale negli ultimi tempi aveva cercato di staccarsi proprio per preparare l’assalto alla presidenza. Che la Fifa fosse un centro di potere all’interno del quale i miliardi contassero più del pallone non rappresenta certo una sorpresa. Proprio come era capitato al Comitato internazionale olimpico all’alba del 21° secolo, l’organismo di governo del calcio mondiale si è ritrovato vittima del suo stesso gigantismo. Il fatto poi che al coreano Chung Mong-joon (già vicepresidente Fifa), il quale mercoledì aveva annunciato urbi et orbi di voler denunciare Blatter per corruzione, il comitato etico abbia inflitto una sospensione di 6 anni (!) conferma quanto sia difficile trovare chi possieda la caratura morale per scagliare la prima pietra. Sembra banale dirlo, ma se il ruolo da protagonista passa dal pallone ai miliardi, il gioco si rompe. I soldi hanno la cattiva abitudine di non puzzare nemmeno quando sono pochi spiccioli, figuriamoci se si tratta di vagonate di milioni. Sepp Blatter rischia dunque di uscire di scena nel peggiore dei modi, con tatuato sulla pelle l’infamante marchio del grande corrotto. Ed è un peccato, perché il vallesano non è stato il demonio che tutti ora tendono a dipingere. Sotto la sua direzione la Fifa ha definitivamente globalizzato il gioco del calcio, portandolo nei quattro angoli del mondo (vedi Sudafrica o Qatar), ciò che ha irritato le federazioni europee convinte di essere, per storia e potenza finanziaria, le depositarie della verità calcistica. Certo, in alcune occasioni il passo è stato più lungo della gamba (pure un bambino avrebbe capito che non era possibile giocare in estate nel deserto), ma l’idea di far godere a tutti dei profitti generati dalla gallina dalle uova d’oro non era di principio sbagliata. A questo punto occorre capire come uscire dal pantano. La reggenza è passata all’africano Issa Hayatou, ma all’orizzonte non si vede una figura che per capacità operative e statura morale sia in grado di prendere in mano il timone di un vascello alla deriva. La scelta dovrebbe cadere al di fuori della famiglia Fifa, ma non essere estranea al mondo del calcio, perché una gestione unicamente manageriale finirebbe per fare più male che bene. Nonostante il potere derivante dalla presidenza Fifa sia appena uno scalino inferiore a quello dell’inquilino della Casa Bianca, le candidature serie stentano ad arrivare. Forse a causa dell’ingombrante presenza di Michel Platini. Ora che il francese è diventato un cavallo zoppo, qualcuno oserà farsi avanti con un programma serio?

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