Commento

Bello ma incompiuto Lugano

15 luglio 2015
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Dalla festa (con strascico polemico) della Gurzelen alle porte della stagione di Super League, senza un giorno di respiro. Non in apnea forse, ma pur sempre con la testa bassa, immersa nei pensieri e nel lavoro.
È un’estate di fuoco, a prescindere dalla calura di questi giorni, per Angelo Renzetti, impegnato nell’opera di (ri)costruzione del suo Lugano. Nel consolidamento di un progetto lanciato in orbita dalla promozione che necessita di molti puntelli per dirsi credibile, competitivo. Angelo Renzetti ne è conscio. Da qui, i motivi di una sua comprensibile preoccupazione.
Struttura da potenziare, rosa da completare... «La preoccupazione c’è, in quanto siamo con gli uomini contati. Affrontare un campionato impegnativo come la Super League con la rosa incompleta non è il massimo. Non deve stupire che anche l’allenatore, sebbene non lo esterni, sia a sua volta un po’ preoccupato».
Questione di mezzi e di tempo
«I nomi dei rinforzi li abbiamo. Si tratta di portare a termine le trattative. È soprattutto una questione di tempo, che non dipende da noi. O meglio, dipende da noi nella misura in cui se avessimo tanti soldi avremmo chiuso subito. Invece dobbiamo cercare di negoziare. E per negoziare serve tempo».
L’effetto Zeman... «Anche in questo caso la soddisfazione è totale. Abbiamo suscitato l’interesse di tante persone e attirato sul Lugano gli occhi di molti addetti ai lavori, anche nella vicina Italia, proprio come era mia intenzione fare. Inoltre, che Zeman sia con noi in questo momento di difficoltà e di transizione ci è di grande aiuto. Se oltre a un organico ridotto non avessimo un tecnico come lui alla testa della squadra, beh saremmo davvero un po’... miseri. Così, invece, è quantomeno lecito credere nei mi-
racoli».
L’impatto di Zeman sui giocatori. Forse in avvio un po’ di timore reverenziale c’era... «Posso senza dubbio premettere che questo è un gruppo solido. Lo era anche prima e continua a esserlo. Aver assorbito i carichi di lavoro senza battere ciglio è la risposta più bella e spontanea che i ragazzi potessero dare. Per fare un esempio, in 22 giorni di lavoro, la squadra ha beneficiato di tre mezze giornate di riposo. Il Grasshopper ha lavorato in 14 dei 22 giorni. Ora, non posso giudicare la qualità del lavoro dell’una o dell’altra squadra. Né posso sapere adesso se il nostro lavoro sarà pagante, se i risultati arriveranno subito o se bisognerà invece pazientare qualche turno. So però con certezza che la risposta del gruppo alle sollecitazioni del mister è stata esemplare. Una squadra che era abituata a lavorare in maniera molto diversa e si è adattata senza batter ciglio al nuovo metodo, a mio giudizio ha fornito una risposta convincente. Significa che tutti hanno intravisto un’opportunità professionale importante e vi si stanno dedicando senza riserve».
Scosso dalle polemiche post-promozione, celebrato dalla Piazza, “tradito” dall’ex socio Bentancur. Come esce Renzetti da queste settimane? «Al momento ho due preoccupazioni: la prima è l’allestimento della rosa, da completare il più velocemente possibile, anche se i tempi non dipendono da me. Ecco perché ho bisogno di un po’ di fortuna e del conforto dei primi risultati. L’altro fronte su cui sono impegnato è la ricerca di alcuni partner con cui condividere il progetto. Non posso andare avanti all’infinito da solo. Appare quindi chiaro che, in questa situazione, la cosa che più mi sarebbe d’aiuto sono i risultati. Abbiamo aumentato gli abbonamenti (2’000) e gli sponsor. Secondo me se dovessimo partire bene – ed è per questo che mi dispiace che la squadra non sia a posto – faremmo un ulteriore bel balzo in avanti».
Si è dato un termine entro il quale l’ingresso in società di interlocutori a livello finanziario diventa impellente? «Mi devo muovere subito. Lo sto già facendo, di pari passo con l’allestimento della squadra. Non pretendo la luna, vorrei che fossimo in due o tre a condividere il progetto. Ora che ho in mano una società di serie A l’operazione dovrebbe essere più semplice».
Il sostegno delle autorità non è mai venuto meno. Anzi, come dimostrano i lavori allo stadio (v. articolo a lato) che procedono in tempi rapidi, l’impegno della Città è notevole. Così come il suo attaccamento alla causa. «Sono d’accordo. E tale ottimo rapporto, rinsaldato anche grazie agli effetti della promozione, è bene che resti tale. Ecco perché dobbiamo assolutamente restare in Super League, ora che ci siamo. Abbiamo dato una bella sferzata d’entusiasmo anche a livello politico, ed è opportuno che si continui su questa strada».
La rosa non è completa. Non lo è però neanche la struttura societaria. Tanto che Renzetti, presidente, si occupa in prima persona anche di fare il direttore sportivo. Lo stesso Zeman non ha nascosto le sue perplessità in merito. «Direttore sportivo per modo di dire. È presto detto: in una società come il Lugano che non ha un’organizzazione da massima serie perché vi si è trovata catapultata e non ha avuto il tempo di riorganizzarsi, chi tiene le redini in mano deve per forza cercare di tenere sotto controllo la situazione, a 360 gradi. Per controllare tutto bisogna avere una visione globale delle cose. Per le questioni tecniche e di mercato ho chi mi dà una mano, parlo con gli addetti ai lavori, con l’allenatore. Ho però io il borsellino. Conosco gli indirizzi tecnici, le strategie di mercato. Il termometro della situazione è in mano mia. Riconosco che la struttura societaria non è consona al livello della Super League, ma proprio per questo limite devo avere io la visione completa. Altrimenti l’automobile sbanda».
‘Il ruolo mi piace’
«Inoltre, ammetto che mi piace occuparmi anche di questioni tecniche. Mi metto in gioco a livello psicofisico, ci investo moltissime energie, per cui sarei un pazzo se mi impegnassi tanto in un’attività che non mi soddisfa. Operare in veste di ds mi piace, sarei ipocrita se lo negassi. E siccome non sono ipocrita bensì “furbonesto”...». Furbonesto? «Così sono stato definito da qualcuno», chiude Renzetti con il sorriso.

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