Commento

Disaffezione di una città

1 aprile 2015
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La Storia, nel calcio, ha la memoria corta. E, soprattutto, non ha rispetto di niente e di nessuno, tantomeno per chi è stato un gigante e si ritrova nano. sNonostante un palmarès secondo soltanto a quello del Gras-shopper (17 titoli nazionali), il Servette da quindici anni a questa parte ha smesso di infiammare e far battere il cuore della Città di Calvino. Fallito nel 2005 per mano di Marc Roger, salvato in extremis nel 2012 dalla catastrofica gestione dell’iraniano Majid Pyshar, sembra ora sull’orlo di un nuovo baratro finanziario. Molti sono i club svizzeri costretti a tirare la cinghia dalla crisi economica, ma pure dagli standard sempre più elevati richiesti dalla Swiss Football League (si pensi soltanto al capitolo legato agli stadi). Ma il caso del Servette è diverso. I motivi della perenne mancanza di sostegno finanziario sono da ricercare soprattutto nella disaffezione dell’intera città nei confronti del prodotto-calcio. Lo stadio è moderno e costa poco (150’000 franchi all’anno più la manutenzione) se paragonato all’importo che sta strangolando il Thun (1’300’000 franchi per giocare all’Arena). Eppure i tifosi languono. Certo, nel 2011-12, primo anno in Super League dopo il fallimento-Roger, allo Stade de Genève si sono assiepati in media 10’696, ma già la stagione seguente si era scesi a 6’666, spettatori a partita. Pochissimi, soprattutto se si considera che Ginevra è una città che conosce una forte immigrazione da Paesi appassionati di calcio quali Italia e, soprattutto, Portogallo. Ma adesso in riva al Lemano a tirare è l’hockey. Hugh Quennec ha provato a salvare i granata dall’abisso-Pyshar, ma a quanto pare non è riuscito a far passare il messaggio verso quegli sponsor che, invece, foraggiano a braccia aperte il club di hockey (budget oltre i 10 milioni di franchi). SEBA

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