Commento

L’Udc e la logica dell’escalation

13 marzo 2015
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L’Udc ha lanciato nell’agosto del 2012 l’iniziativa detta ‘di attuazione’. Il testo è stato ideato per costringere il parlamento ad applicare alla lettera l’iniziativa democentrista ‘Per l’espulsione degli stranieri che commettono reati’, approvata il 28 novembre 2010 dal 52,9% dei votanti e da una maggioranza dei cantoni. In realtà, questa seconda iniziativa si spinge oltre la prima: limita le norme del diritto internazionale cogente (le Camere l’hanno perciò invalidata in parte), e mira a iscrivere nella Costituzione federale un catalogo di delitti dettagliato e direttamente applicabile. A prescindere dall’entità della pena inflitta (come del resto già prevedeva l’iniziativa per l’espulsione), gli stranieri criminali sarebbero allontanati automaticamente dalla Svizzera: i giudici non avrebbero alcun margine di manovra. Per quanto possa urtare la sua proposta sul piano etico, oltre che su quello giuridico della costituzionalità e delle norme internazionali, l’Udc ha tutto il diritto di lanciare un’iniziativa del genere. Si potrebbe discutere (come fa il consigliere nazionale Kurt Fluri, cfr. p. 7) sul fatto che un partito di governo si ostini a voler scardinare le fondamenta delle istituzioni democratiche, giocando abilmente su un’artificiosa contrapposizione tra il popolo (che incarna la democrazia diretta) e gli altri poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario) dell’elvetico Stato di diritto. Ma non è quel che ci interessa in questa sede. Simonetta Sommaruga mercoledì ha ricordato ai parlamentari che in Svizzera, in assenza di una corte costituzionale, spetta ai membri del Legislativo vegliare al rispetto della Magna Charta: «Siete voi i custodi della Costituzione: avete giurato di rispettarla», ha affermato la presidente della Confederazione. Il compito, va detto, non era facile: nel 2010 il popolo respinse infatti un moderato controprogetto che assicurava ai giudici un certo margine di apprezzamento, in ossequio al principio costituzionale di proporzionalità che impone un esame caso per caso in sede di tribunale. Ma il Nazionale giusto un anno fa si era completamente sottratto alla sua responsabilità: temendo un nuovo voto popolare sull’espulsione degli stranieri, la Camera bassa aveva deciso che la prima iniziativa democentrista dovesse essere applicata esattamente secondo i dettami dell’iniziativa di attuazione (non ancora approvata da popolo e cantoni…). Con tanti saluti alla proporzionalità e alle norme del diritto internazionale: si arrangino semmai i giudici – a Losanna ed eventualmente alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo – a farli valere. Ci ha poi pensato il Consiglio degli Stati a interrompere il circolo vizioso, richiamando il Parlamento al suo compito. I ‘senatori’ hanno concepito (a beneficio in particolare degli stranieri nati e cresciuti in Svizzera, senza più legami con il loro paese d’origine) una clausola per i casi di rigore che – seppur assai restrittiva – fa sì che i principi dello Stato di diritto non siano del tutto ignorati. Alla fine il Consiglio nazionale si è ‘realisticamente’ allineato. Ma la storia non finisce qui. Le conseguenze sul piano istituzionale e politico del processo innescato dall’Udc si faranno sentire ancora a lungo. Persa la battaglia, un infuriato Toni Brunner dalla tribuna della Camera del popolo ha rinviato la resa dei conti al voto (verosimilmente a maggio o giugno del 2016) sull’iniziativa di attuazione. Anche se questa dovesse essere approvata, però, i giudici saranno tenuti – in virtù della Costituzione federale e d’ora in poi pure di un Codice penale che prevede eccezioni per i casi di rigore – a valutare la proporzionalità di ogni decisione di espulsione e la sua conformità con il diritto internazionale. Sembra paradossale: il partito che spara a zero sui giudici (svizzeri o stranieri, poco importa) alimenta una dinamica che – spingendo in un angolo il Parlamento, ritenuto nemico del popolo – alla fine porta ad accollare agli stessi odiati giudici sempre maggiori responsabilità nel correggere le scelte che un timoroso Legislativo non ha potuto o voluto fare. Il paradosso, tuttavia, è solo apparente e si lascia spiegare anche così: la raccolta di firme a favore dell’espulsione degli stranieri era stata lanciata nel 2007 in piena campagna elettorale; quella per l’iniziativa ‘contro l’immigrazione di massa’ è scattata tre mesi prima delle elezioni federali del 2011. Martedì l’Udc ha lanciato la sua ultima iniziativa popolare per la preminenza del diritto svizzero e ‘contro i giudici stranieri’: a sette mesi dalle ‘federali’, un’altra tappa dell’escalation anti-istituzionale è servita.

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