Economia

Gli infiniti miliardi di Meta

Il metaverso di Mark Zuckerberg non è solo un’idea o una visione ma è e sarà un modo per fare soldi e sperimentare modelli di business

Un’intera esistenza dentro allo schermo
(Keystone)

La scorsa primavera, una borsa di Gucci è stata venduta al prezzo di circa 4’100 dollari. Che cosa c’è di strano? Era la versione solo digitale del modello Dionysus, con l’iconica ape, all’interno del videogioco Roblox. Nel mondo reale la stessa borsa, tangibile, costa 700 dollari in meno. Ecco: il metaverso portato alla ribalta mediatica da Mark Zuckerberg non è solo un’idea o una visione ma è e sarà un modo per fare soldi e sperimentare modelli di business.

Roblox, piattaforma da 47,3 milioni di utenti nota soprattutto fra i giovanissimi, è fra le aziende che permettono già di farsi un’idea di come funzionerà, perché ha puntato sin dal 2004 sulla creazione di un mondo virtuale (le azioni ringraziano, con un +36% nell’ultimo mese) e ora è pronta a lavorare su quell’evoluzione che la vicepresidente, global business group di Meta (già Facebook) Nicola Mendelsohn descrive efficacemente come «una Internet che vivi da dentro, a differenza di quella attuale da cui siamo separati da uno schermo». Quindi: non si tratterà di giochi o piattaforme con cui interagisci dall’esterno, ma in cui entri e che vivi in prima persona, con un avatar, una rappresentazione digitale della nostra persona.

Marchi

Al momento per Meta la pubblicità vale la quasi totalità dei ricavi: 28,2 miliardi su 29 totali nel terzo trimestre. Nel metaverso, spiega Mendelsohn «la pubblicità sarà una componente importante, ma non la principale: stiamo già vedendo esperimenti alternativi con la realtà aumentata. Su Instagram Rayban ti fa provare diversi tipi di occhiali. I marchi possono farti provare trucchi, vestiti o valutare l’acquisto di un mobile. Siamo solo all’inizio del viaggio, possiamo immaginare che ci sarà una parte gratuita finanziata dalla pubblicità e una parte a pagamento, come l’acquisto di biglietti per i concerti. I marchi potranno inoltre creare stanze in cui mostrare esperienze e prodotti (una sorta di Second Life di nuova generazione, ndr)».

La citazione del brand di Luxottica non è casuale. «I Rayban Stories che abbiamo lanciato con loro possono essere visti come primissimo passo (senza realtà aumentata e realtà virtuale per ora, ndr) verso la creazione di un ecosistema hardware – dice Mendelsohn – per permettere alle persone di muoversi nel metaverso, guardarsi intorno, sentire i suoni da più direzioni».

Entrate

Attenzione. Per Meta quello dell’hardware è uno snodo cruciale, nonché un’ulteriore possibilità di diversificare le entrate, se sarà in grado di raggiungere le masse con i suoi prodotti: per usare le parole dall’analista Benedict Evans, ora Zuckerberg «vuole essere il proprietario, non più l’inquilino». Vuole, quindi, che i visori Oculus acquistati con lungimiranza nel 2014, gli occhiali Stories e gli altri dispositivi che verranno diventino la porta di accesso per il nuovo mondo e di fatto gli smartphone di nuova generazione. Di conseguenza, Meta avrà il controllo dell’ecosistema, con la promessa di Zuckerberg a creatori e sviluppatori di guadagni più consistenti rispetto a quanto accade adesso nei recinti di Apple-iOs e Google-Android. «Il nostro obiettivo è raggiungere un miliardo di persone nei prossimi dieci anni e generare centinaia di miliardi di dollari di digital commerce» dice Mendelsohn.

Questo ci riporta alla borsa di Gucci e al valore degli oggetti digitali: «Passiamo sempre più tempo online, e sempre più spesso la nostra immagine è delegata a un avatar. Diventa quindi sempre più naturale attribuire ai beni virtuali la stessa importanza che diamo a quelli fisici: per i giovanissimi è già così», spiega Luca Della Dora, innovation director dell’agenzia We Are Social. Il manager sottolinea che con gli Nft (non-fungible token) e il metaverso «cambia il concetto di proprietà garantita nel digitale: gli oggetti o gli spazi si possono comperare, vendere e scambiare. Il possesso dovrà essere multipiattaforma». Se possiedi qualcosa in un metaverso o in una piattaforma, dovrai poterlo sfoggiare anche negli altri.

Interoperabilità, dunque. Quanta, come e fra chi è tutto da scoprire e dimostrare. La settimana scorsa Microsoft e Meta si sono accordate per far comunicare le piattaforme Workplace e Teams, chissà che l’asse non torni anche nel metaverso, a cui stanno lavorando entrambe.

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