Economia

'Il Ticino non è un'economia a rimorchio'

Ci sono settori che crescono più della media svizzera. Tale sviluppo è però dovuto all’aumento dell’occupazione e non alla produttività

Da sinistra: Ermanno Filippi (Cto di Casale Group), Luca Albertoni (dir. Camera di commercio), Andrea Gehri (Gehri Rivestimenti Sa), Marc Bros de Puechredon (Bak Economics) e Glauco Martinetti (pres. Camera di commercio)
21 marzo 2019
|

L’economia ticinese, nonostante i marosi che ci sono stati a livello internazionale e le crisi che hanno colpito puntualmente alcuni settori (primo tra tutti quelle finanziario, ndr), negli ultimi dieci anni è cresciuta a ritmi costanti e superiori a quanto avvenuto, a titolo di paragone, negli Stati Uniti e in Europa. Tra il 2007 e il 2018, per esempio, mentre il sistema economico ticinese progrediva di un quinto (+20%), quello italiano – nazione di paragone naturale data la prossimità geografica e culturale – ristagnava.
È quanto risulta dall’aggiornamento dello studio Bak Economics commissionato dalla Camera di commercio del Cantone Ticino. La prima edizione è stata presentata l’anno scorso e da quest’anno verrà attualizzato a cadenza annuale proprio per identificare meglio quali sono i settori a maggiore crescita o che caratterizzano la struttura economica locale. Ovviamente la comparazione tra il Ticino e le diverse realtà produttive (nazionali e internazionali) è relativa e non assoluta. In economia è la tendenza che conta. E il trend dal 2007 a oggi – stando ai dati analizzati dall’istituto Bak Economics di Basilea – è stato positivo e per alcuni settori è stato addirittura superiore alla media svizzera.
«Venendo da una realtà esterna – ha spiegato Marc Bros de Puechredon, presidente della direzione generale di Bak Economics – ho la fortuna di analizzare i dati e di essere estraneo alla dialettica politica locale. Da un anno all’altro, se l’economia internazionale non è scossa da eventi clamorosi e il Consiglio federale non ha distrutto le condizioni quadro, non si possono intravvedere grandi cambiamenti. Possiamo però riaffermare che la dinamica dell’economia ticinese resta improntata alla crescita: per alcuni settori, al di sopra della media svizzera; nel confronto regionale si tiene il passo mentre nel confronto internazionale il Ticino è nella posizione di testa».
Insomma, la crisi finanziaria, gli anni duri per il settore bancario, l’abolizione della soglia minima di cambio fra franco ed euro e la crisi del turismo non hanno intaccato la progressione dell’economia ticinese che ha dimostrato una forte resilienza. Come mai?
Per gli autori dello studio ciò è dovuto al tessuto produttivo molto diversificato sia dal punto di vista settoriale, sia da quello geografico.
Ma cosa ha spinto questa crescita? Non di certo l’aumento della produttività del lavoro che è rimasta sotto la media nazionale, ma certamente lo sviluppo dell’occupazione che è cresciuta più della media svizzera. «Negli ultimi dieci anni i posti di lavoro a tempo pieno sono aumentati di 30 mila unità, di cui 10 mila sono stati occupati da residenti», ha precisato Marc Bros de Puechredon. Sulla produttività c’è quindi ampio margine di miglioramento. «I cambiamenti tecnologici in atto aiuteranno in questo», commenta l’economista basilese.
In apertura della conferenza stampa tenutasi presso lo showroom della Gehri Rivestimenti Sa di Porza, il presidente della Camera di commercio Glauco Martinetti ha tenuto a precisare che lo studio Bak «è un contributo per rendere più veritiera l’immagine della situazione economica ticinese che ancora troppo spesso è ingiustamente vista come un’economia a rimorchio».

Innovazione tecnologica di punta
Un aspetto su cui si è concentrato l’aggiornamento del Bak è l’innovazione tecnologica. Anche in questo ambito non esce un quadro di un ‘Ticino arretrato’. Prendendo come riferimento i brevetti depositati da aziende attive sul territorio, emerge che in alcuni settori (tessile, farmaceutico, medicale) ci sono aziende molto innovative che competono a livello internazionale. È il caso della Medacta International, per esempio o della luganese Casale Group. Quest’ultima, fondata nel 1921 da un italiano con capitali basilesi e attiva nella fornitura di servizi tecnologici legati ai processi chimici, è passata in pochi anni da 7 a 400 dipendenti la gran parte dei quali ingegneri chimici con un background internazionale.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE