In vista del voto

4 mesi di promesse per altri 4 anni di sacrifici?

13 novembre 2019
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Arriviamo alla fine del rinnovo dei poteri federali. Domenica conosceremo l’esito delle elezioni per il Consiglio degli Stati.

4 mesi di una corpulenta propaganda della destra liberale, volta a rivendicare un ruolo indispensabile per il bene del nostro Paese. Portata da persone che di protezione dei salari e dell’ambiente non ne hanno mai voluto sapere, ma che in questa campagna si sono messi la maschera e non hanno esitato a elargire facili promesse, con una campagna camaleontica, travestendosi da sindacalisti dei Ticinesi, esperti di energie rinnovabili, di mobilità lenta, costruzioni ecologiche, copiando idee e progetti con l’intento di raccattare più consenso.

4 anni di politica maggioritaria di destra, pesante e spregiudicata, servile rispetto agli interessi di una piccola parte, disattenta a quelli della maggioranza popolare. Decisioni corpulente orientate ad una visione dello Stato stringato, spiccio e compiacente, verso l’economia altamente speculativa, lasciata libera di autoregolarsi a piacimento. 4 anni privi di soluzioni tangibili per la gente. Scelte disattente ai bisogni del ceto medio e delle persone in difficoltà. Salari in caduta libera senza alcun correttivo, tagli alle prestazioni dello Stato, richiami alle responsabilità individuali e al sacrificio dei cittadini. Per la salute di quell’indicata economia liberista del futuro, presunta oasi di benessere, ma che dispensa ricchezza solo per pochi.

4 anni di una politica per pochi privilegiati e che i pastori della sacra alleanza millantano quale unica soluzione per una società solida, stabile ed equilibrata. Se così fosse, con più di un secolo d’incontrastato dominio “liberale-democristiano”, il nostro cantone non sarebbe confrontato con una realtà sociale sconcertante: premi di cassa malati esplosivi, affitti troppo alti, Ticinesi che guadagnano troppo poco, in media mille franchi al mese in meno rispetto ai connazionali d’oltralpe. Soldi che dovrebbero fare la differenza, nel borsellino a fine mese, alla fine dell’anno, in un secondo pilastro al momento di andare in pensione. Ma che invece vengono a mancare, spariscono dai nostri risparmi e finiscono nelle mani di avidi speculatori che intascano averi a dismisura. Sul piano salariale il Ticino è all’ultimo posto nella graduatoria nazionale, dove una persona su tre non risparmia nulla e vive a rischio povertà, oppure ha bisogno dell’assistenza anche se lavora, con il numero dei precari in crescita, con sempre più uomini e donne che hanno ormai perso la certezza del domani.

4 mesi di promesse elettorali della maggioranza per altri 4 anni di sacrifici. A meno che domenica 17 novembre il Ticino dia uno scossone agli equilibri della politica cantonale. 170 anni di un incontrastato dominio patriarcale di destra possono bastare. È giunta l’ora di eleggere la prima donna ticinese agli Stati.

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