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Gli estremi si rinforzano

I fatti romani sono un ulteriore indizio: gli estremi si stanno rinforzando in tutt’Europa e vi si nascondono elementi violenti, poco disposti al dialogo.

Che si tratti di politica o di altri movimenti, anche da noi le frange estreme di gruppi in origine ininfluenti diventano socialmente problematiche; in Svizzera sta succedendo con i gruppi no vax, ma un giorno potrebbero emergere problemi di ecoterrorismo.

Cosa succede quando minoranze esasperate si sentono inascoltate, malgrado proteste inequivocabili? Ce lo ha detto un mese fa André Duvillard (quello che stupisce è che sembra che nessuno ne abbia tratto le debite conclusioni), delegato della Rete integrata Svizzera per la sicurezza (Rss): “Alcune delle persone che si oppongono alle restrizioni messe in atto per combattere il coronavirus stanno cominciando a radicalizzarsi e sono pronte a commettere atti di violenza”. Riassumendo: la politica federale, da molti giudicata insensibile e autoritaria, ha generato il mostro. È bastato dimenticarsi per un attimo che gli equilibri sociali sono fragili per fabbricarsi potenziali terroristi in casa propria. La nostra per intenderci.

Una politica ha un senso se è in grado di convincere la cittadinanza con la bontà delle proprie tesi, e non con un Berufsverbot più o meno generalizzato nei confronti di quella parte statisticamente sensibile della popolazione che non si vuole vaccinare.

Sparare addosso a tutti durante le manifestazioni contro le misure sanitarie, è il peggior sbaglio che un’autorità possa fare. È vero: la repressione toglierà ai contrari meno determinati la voglia di manifestare il proprio dissenso. È comprensibile, quando i poliziotti diventano sbirri, non tutti sono disposti a farsi gasare, o diventare bersaglio di proiettili di gomma. Ma l’autorità, colpendo anche chi esercita liberamente i propri diritti, non fa che andare a rimpolpare gli estremi; quelli che poi creano i problemi descritti dal signor Duvillard.

A Zurigo la scorsa settimana gli ambientalisti hanno monopolizzato ingenti risorse della polizia con semplici sitting: “Tu non mi ascolti e io blocco il traffico della città più trafficata del Paese”. Situazioni del genere mandano in tilt l’apparato giudiziario di una città, in particolare se le forze dell’ordine effettuano dei fermi, andando così a intasare anche la parte amministrativa dell’apparato poliziesco. I delinquenti ringraziano. E questo è solo l’inizio. Potrebbe andare peggio; quanto peggio dipenderà dal tempo che i politici ci metteranno a occuparsi seriamente dei problemi ambientali.

Come dicevamo, sparare addosso a tutti è il peggior errore che un’autorità possa fare. A Lugano non sono riusciti a farne a meno anche di questo errore. “Ordine e progresso”. Prima ti butto giù la casa, poi ti sparo. Come nel Brasile di Bolsonaro. Un comportamento, quello delle autorità luganesi, che ha compromesso e compromette fragili equilibri sociali e che va a marginalizzare ulteriormente frange sempre più consistenti della popolazione. Frange nelle quali ci sono probabilmente anche elementi a rischio di radicalizzazione problematica.

Stiamo a vedere.

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