I dibattiti

Le ruspe e le rondini che partiranno

Ti-Press
9 giugno 2021
|

Ce ne siamo accorti tutti! Le rondini sono sparite dai cieli delle nostre città, non annunciano più l’arrivo del caldo e della bella stagione. Non vengono più perché la primavera è cambiata, ma anche perché i tetti sono divenuti troppo “squadrati, retti e lisci”, inospitali e inadatti ad accogliere una rondine che chiede soltanto di poter costruire un nido. Le rondini sono andate altrove! D’altro canto, non avrebbero mai accettato di essere relegate al marginale ruolo di comparse pittoresche come se fossero piume di indiani quasi estinti o carcerati nelle riserve a loro destinate. Un tempo – fuori di metafora – gli Uomini creavano le città per vivere insieme e svolgere quelle attività che non potevano svolgere da soli, un recinto protettivo dove trovavano posto anche parchi e giardini, luoghi di scambi relazionali tra le generazioni. Non a caso, cinquant’anni or sono, alcune menti illuminate e molti giovani davano il via all’esperienza del “Cantiere della Gioventù” a Locarno, nel bel mezzo della città, presso i Giardini Rusca. Al di là di modello di funzionamento lungimirante che rimane sempre vivo (ed attuale) nei ricordi di chi lo ha animato, anche le nostre città erano pensate per “attirare” le persone, certamente non per scacciarle, poiché costituivano uno “sfondo integratore” capace non soltanto di accogliere la gente, ma persino di modificarsi a seconda dei progressi e delle novità sociali. Uno sfondo integratore inclusivo che dovrebbe comprendere – oltre alle risorse durevoli nel tempo quali palazzi e monumenti che arricchiscono la memoria vivente, fissano la storia e, con essa, l’identità collettiva – altre risorse vitali quali i luoghi di aggregazione, dove possano interagire donne, uomini, anziani, giovani e bambini. Si pensi che, durante il Medioevo, persino le Cattedrali – al di là delle funzioni liturgiche – erano costruzioni che oggi definiremmo polifunzionali in quanto svolgevano anche il ruolo di luoghi di aggregazione, di scambi commerciali e di cultura, oltre che garantire l’importante funzione di assistenza e asilo per la cura degli infermi. Nelle nostre città, ovunque si muovano i nostri occhi, vediamo gru, cemento, angoli orrendamente retti, costruzioni anonime, perennemente vuote, disarmoniche non soltanto in rapporto a quelle del passato, ma persino fra loro stesse. Città che rischiano di perdere la loro identità e la loro storia, in netto contrasto con quanto sostenuto alcuni decenni or sono da un urbanista del calibro di Lewis Munford (1895-1990): “La funzione principale di una città è di trasformare il potere in strutture, l’energia in cultura, elementi morti in simboli viventi di arte, e la riproduzione biologica in creatività sociale” (da: La città nella storia, L.M. 1961). Non vi sono più rondini perché non sono così sprovvedute da percorrere migliaia di chilometri per trovare, infine, un’inospitalità fatta di tetti quadrati, lisci e sempre meno alberi. Analogamente, se non affrontiamo alla radice il tema delle aggregazioni giovanili – possibilmente all’interno di un dialogo pacato, responsabile e costruttivo – rischiamo di “mettere alla porta” i nostri giovani, almeno fino a quando non permetteremo loro di innamorarsi delle loro origini e della loro storia, appropriandosene e rendendola viva. Non è difficile immaginare che – come le rondini – anche loro se ne andranno, ascoltando la buffa cantilena che parla di una popolazione che diventa sempre più vecchia. Non ci sono più i tetti adatti. Non ci sono più le rondini. E, come le rondini, i nostri giovani partiranno. E a noi non rimarrà altro che sentirci sempre più vecchi ed inutili.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE