I dibattiti

Nobile tolleranza

9 giugno 2021
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Mi piace sapere che la Regione continua a non disdegnare il pensiero critico e mi piace che viene letta dalla Valle Bedretto alla Valle di Muggio. Accade anche con i fatti del Molino luganese. Dopo tanta ragionevolezza espressa sul quotidiano, voglio aggiungere poche brevi annotazioni inedite. La convivenza pacifica e la vera tolleranza sono ancora molto lontane. Nel territorio locale le intolleranze sono solo blandite e camuffate dal benessere. La tolleranza è razionale e va costruita, essa è relazione molto alta e nobile. Per quanto mi riguarda, il diritto postilluminista vincente e vigente regola ancora una società anticomunitaria e disumana, anche se la convenzione del diritto non chiude definitivamente l’emancipazione del genere umano. Pensare, dogmaticamente, che un ordine politico è perfetto e dunque immutabile, è cosa stolta e umanamente tragica: riporta alle verità religiose eterne di memoria tristissima.

Io metto in scena due personaggi: Diego Fusaro e Carl Schmitt. Il primo, giovane filosofo anticapitalista duro e puro, cerca nel coacervo degli individui disorientati della vicina Penisola di intessere possibili alleanze con interlocutori di un pensiero radicalmente critico. Parla di “incoscienza felice postmoderna” e di “individui robinsoniani” e scrive: “L’ordine dominante non reprime, oggi, il dissenso. Ma opera affinché esso non si costituisca”. Il secondo, filosofo defunto del funesto regime nazista, è noto soprattutto per aver tematizzato la coppia amico/nemico nei rapporti interpersonali e politici. Per lui ricorre obbligatoriamente il “raggruppamento amico-nemico”. Scrive: “Se viene meno questa distinzione viene meno anche la vita politica in generale” e giustifica la guerra sulla stessa base: “La guerra, in quanto mezzo politico estremo, rende manifesta la possibilità di questa distinzione…”. Per Schmitt il nemico, in sostanza, interessa se definitivamente eliminato.

Ebbene, gli ingredienti descritti non solo ci sono negli eventi della metropoli cantonale, ma, oserei dire, sono immediatamente evidenti. All’interno del pensiero periferico cantonticinese, quieto e perbenista, all’ombra della realtà istituzionalizzata giuridico-convenzionale, non è ovvio e neanche facile saper contemplare un umore benevolo verso giovani che coltivano uno spirito libertario e anarchico. La stessa autogestione, che rimane possibilità aperta al futuro quale opzione di convivenza politica e perfino economica, non può essere accolta senza i morsi di insopprimibili dubbi timorosi. E non posso dimenticare la nota personale, perché, infatti, con la fresca municipale, che percorre un rodaggio dal tratto giuridico improprio (Paolo Bernasconi) e di marchio liberale perlomeno discutibile (Arnaldo Alberti), ho un legame stretto di parentela, per cui credo bene di sapere da quale identità non molto remota provengono certi gesti.

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